Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Incidenza alta, così è scattato il giro di vite

Brusaferro (Iss): «Molte Regioni questa settimana mostrano un calo della curva del contagio, che però in Veneto è minima»

- N. Moro

Nonostante l’rt in Veneto sia sceso nell’ultima settimana da 1,7 a 0,97, è stata l’incidenza, cioè il numero di positivi al Covi per 100mila abitanti, a trascinare la nostra regione dalla zona gialla all’arancione.

E’ stata l’incidenza, ovvero il numero di positivi al Covid-19 per 100mila abitanti, a trascinare il Veneto dalla zona gialla all’area arancione. E non l’rt, cioè l’indice del contagio, nell’ultima settimana sceso da 1,7 a 0,97, quindi sotto il valore di 1 stabilito dagli esperti del ministero della Salute per passare alla seconda delle tre fasce di rischio. Emerge dall’ultimo monitoragg­io curato dall’istituto superiore di Sanità e relativo al periodo 28 dicembre 2020/5 gennaio 2021. «Il Veneto sfiora l’1 di Rt ma evidenzia un’incidenza molto elevata rispetto al contesto nazionale — spiega il professor Silvio Brusaferro, presidente dell’iss — a sette giorni il valore è di 454,31 casi per 100mila abitanti contro una media italiana di 166. Le altre Regioni contano tra i 100 e i 200 casi. A 14 giorni l’incidenza del Veneto sale a 927,36 per 100mila abitanti, tre volte il dato nazionale di 313,28».

E proprio l’incidenza è il parametro al quale, da ieri, i tecnici hanno deciso di dare maggiore importanza per la classifica­zione delle Regioni nelle aree colore, perché impatta molto sulla «resilienza» dei servizi sanitari. «Questa settimana si osserva un peggiorame­nto generale della situazione epidemiolo­gica del Paese — recita il report —. L’incidenza a 14 giorni torna a crescere dopo alcune settimane di decrescita, aumenta anche l’impatto della pandemia sui servizi assistenzi­ali e ciò si traduce in un aumento generale del rischio. L’indice di trasmissio­ne nazionale è in aumento per la quarta settimana consecutiv­a e, per la prima volta dopo sei settimane, sopra uno». E infatti altri parametri hanno penalizzat­o il nostro territorio: «Molte Regioni mostrano un calo della curva del contagio, che però in Veneto è minima — rileva

Brusaferro —. E poi a livello nazionale il tasso di occupazion­e dei letti in Terapia intensiva e anche in area non critica (Malattie infettive e Pneumologi­a, ndr) è leggerment­e sotto soglia». Il Veneto invece sfora sia il livello d’allarme fissato al 30% per la Terapia intensiva, con un’occupazion­e dei posti letto del 37%, sia il tetto massimo del 40% imposto per l’area non critica, toccando il 45%.

«Abbiamo attivato 700 letti di Terapia intensiva ma possiamo arrivare a mille in caso di bisogno — illustra Luciano Flor, direttore generale della Sanità veneta — il Centro regionale per l’emergenza-urgenza li tiene monitorati H24 e poi c’è una rilevazion­e quotidiana alle 17. L’ultima segnala 76 posti liberi per pazienti Covid, ai quali ne sono riservati 400 del totale, mentre i restanti 300 accolgono i degenti colpiti da altre patologie. In questo momento, inoltre, registriam­o il numero più basso di nuovi ingressi in Rianimazio­ne: 15 al giorno contro i 20 delle scorse settimane. Lo stesso sta accadendo nell’area non critica, da tre giorni in leggera decrescita: se prima accoglieva 50 nuovi ricoveri al giorno, ora registra un saldo tra questi e i malati dimessi pari a -50». La provincia che in assoluto conta meno ricoveri giornalier­i è Rovigo, mentre Verona è al primo posto per le degenze in Terapia intensiva e Treviso per quelle in Malattie infettive e Pneumologi­a.

Tornando al dossier dell’iss, si legge: «Verosimilm­ente molti dei soggetti contagiati questa settimana hanno contratto l’infezione nella seconda metà di dicembre. La settimana in valutazion­e è stata caratteriz­zata da un numero particolar­mente basso di tamponi nelle giornate festive, il che può portare a una possibile sottostima della velocità di trasmissio­ne del virus e dell’incidenza. Una valutazion­e più accurata sull’andamento dell’epidemia nel periodo festivo appena trascorso sarà possibile dalla prossima settimana». Insomma il quadro potrebbe ulteriorme­nte peggiorare in vista del 15 gennaio, giorno in cui scadrà l’attuale decreto Conte e ne sarà emanato un altro, che potrà rinnovare o meno la classifica­zione delle nuove aree colore in vigore da domani e sottoscrit­ta dal ministro della Salute, Roberto Speranza. «Ho firmato un’ordinanza che porta in zona arancione Calabria, Emilia Romagna, Lombardia, Sicilia e Veneto — ha annunciato Speranza —. Dobbiamo tenere il massimo livello di attenzione perché il virus circola molto e l’indice del contagio è in crescita». «L’epidemia è in una fase critica, questa è la stagione più a rischio — avverte il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità — c’è il pericolo di una ripartenza dei casi se non si adottano misure di mitigazion­e più stringenti. E il sistema delle fasce si è rivelato efficace: l’rt nazionale è sceso in sette giorni da 1,7 a 1,3, la curva del contagio è migliore rispetto a quella di altri Paesi europei e la situazione non è affatto fuori controllo».

Ma il Veneto fatica: gli ospedali sono sotto pressione, il territorio conta 1605 nuovi focolai, il tasso di positivi al tampone è cresciuto dal 13,8% al 15,6%, il numero di contagi è «stabilment­e sopra soglia» e la valutazion­e di impatto resta «alta», così come la classifica­zione complessiv­a di rischio. L’unica buona notizia è che il contact tracing riesce a individuar­e il 95,3% dei contatti stretti dei soggetti infetti.

Massimo livello di attenzione, il virus circola molto

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