Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Padova e il Pci, cent’anni di storia e politica
Il catalogo della mostra (che aprirà) sulla storia del Pci dal 1921 al 1991 Tante immagini, schede storiche e l’archivio del Centro Ettore Luccini
Questo è il catalogo di una mostra che non c’è, ma ci sarà: il Covid sospende ma non cancella e prima o poi, proprio in testa a piazza delle Erbe a Padova, appena fuori da Palazzo Moroni, i padovani potranno rinfrescarsi la memoria su cos’è stato il Partito Comunista di casa loro. Aspettando di guardare da vicino le testimonianze di questa storia, è uscito il catalogo della mostra, che già potrete trovare nelle librerie in questi giorni, a partire dalla «Minerva» di via del Santo a Padova, che in qualche modo ne è la culla, visto che il libraio Cristiano Amedei è anche il curatore del catalogo con Alessandro Naccarato.
Una storia nella storia – Il Pci di Padova 1921-1991 (Il Prato editore, 20 euro) è agile, sintetico, perfino colorato, messo insieme con piglio storico e tutto sommato non di parte, anche se dalla prima all’ultima pagina è tutto Pci. Soprattutto non è nostalgico - e i curatori lo ripetono ad ogni pie’ sospinto – perché casomai la nostalgia sarebbe riservata a chi già la prova e invece queste pagine vogliono raccontare anche a tutti gli altri, i contemporanei di due o tre generazioni e soprattutto i ragazzi di oggi. I quali, complici programmi scolastici in affanno e società radicalmente cambiata, non si immaginano nemmeno cosa sia stato un grande partito - il Pci così come la Dc – e in tempi di meteore politiche non è poi male farglielo sapere.
Anche perché, a Padova come altrove, per decenni il Pci è stato un pezzo della società, volta a volta contestatore, ostico, rigido, ma anche più duttile, propositivo, in quel mare della politica così diverso dall’oggi, quel mare in cui dalle nostre parti nuotava regina la Balena Bianca.
Ed ecco che la storia dei comunisti padovani si differenzia, fin dall’inizio e soprattutco to nel dopoguerra, condizionata dalla situazione locale. Un territorio in cui la Resistenza - pur condivisa – a pace raggiunta faceva quasi paura per i suoi lasciti: ricordiamo che la provincia di Padova al referendum votò per la Monarchia, non così la città capoluogo, che per pochi voti scelse la Repubblica. E così eccoli i comunisti padovani nuotare nel Mar Bianco con bracciate vigorose ma soprattutto radicali, guardati con preoccupazione dal Togliatti del «partito nuovo», loro ancorati ai miti dell’internazionale, alla madre Russia, alla purezza rivoluzionaria. E se il primo sindadella Liberazione nel capoluogo fu il comunista Schiavon, poi il binario della politica divenne unico, fino agli anni ‘70. Vita dura, per i comunisti con tutti contro: la Dc, com’era naturale, ma anche fermissimamente la Chiesa.
Questo libro è il fratello minore di quella Storia del Pci padovano per cui Alessandro Naccarato ha avuto bisogno di 500 pagine. Là, poche immagini; qui le immagini sono la spina dorsale ma affiancate da schede storiche senza aggettivi. «Quando c’è in ballo il passato, tutti diventiamo romanzieri», ha scritto Stephen King. E invece qui no, la pulizia storica è obiettiva.
E a questo dà un pregevole contributo anche l’attuale assessore alla cultura Andrea Colasio, che non scrive la solita paginetta di circostanza per un libro patrocinato dal Comune, ma ci dà un saggio analitico puntuale, dove ha messo anche un pezzetto della sua anima giovanile.
La grande fonte per tutto questo materiale è stato il Centro Ettore Luccini, nel quale sono confluiti e conservati gli archivi del Pci padovano.
C’è tutto: i verbali delle riunioni, i bilanci fino all’ultima lira (andatelo a dire a qualche partito attuale…), le fotografie ufficiali e non, i manifesti della propaganda.
Si ripercorre l’evoluzione del messaggio politico assieme a quella della grafica, e soprattutto si incontrano persone, i volti e i corpi, i vivi e i morti. Dal «rigore» comunista, attraverso le persone, filtra un’umanità che è stata vita cittadina, slanci di lotta ma anche d’entusiasmo, lavoro duro ma anche arte, come quella degli amici pittori: Tono Zancanaro, Armando Pizzinato, Alberto Gianquinto, e Longinotti, Fasan, Biasi.