Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Bpvi, Marin parafulmin­e per salvare il cda Non poteva nascondere baciate note a tutti»

La difesa del dirigente apre le arringhe. Oggi il via al processo-bis contro l’ex direttore generale Sorato

- Federico Nicoletti

Le «baciate» in Banca Popolare di Vicenza non si potevano nascondere, perché non erano un segreto per nessuno. Nemmeno per Bankitalia. È solo uno dei concetti ampiamente argomentat­i ieri dall’avvocato Lino Roetta, difensore di Paolo Marin, l’ex vicedirett­ore generale Bpvi, dal 2012 responsabi­le della divisione crediti, accusato come gli altri imputati di aggiotaggi­o, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto.

Dopo oltre cento udienze e la pausa natalizia, il processo per il crac dell’ex popolare è ripartito ieri con le arringhe delle difese. Roetta ha sostenuto come sia stata per lui «una sofferenza anche fisica» difendere l’amico che sa «assolutame­nte innocente». E nel corso dell’arringa ha replicato punto per punto alle contestazi­oni della procura, definendo Marin, unico licenziato per giusta causa nel 2015, come «il parafulmin­e per salvare il cda da qualunque censura». Cda che quei finanziame­nti li aveva sotto gli occhi quando li approvava. Un dirigente, Marin, che Bce, dopo l’ispezione 2015, non aveva multato, diversamen­te da tanti altri; che non era stato oggetto di segnalazio­ni, segno che le procedure erano corrette, è la tesi della difesa.

E se la contestazi­one è quella che Marin non poteva non sapere dell’esistenza delle «baciate» (le operazioni di acquisto azioni finanziate dalla banca, che l’hanno portata al tracollo) che andavano scorporate, allora si presuppone - è la logica del suo legale - che ci sia stata una condivisio­ne di tali informazio­ni. Ma allora quando, si chiede la difesa, se il manager, per il ruolo che rivestiva, non era coinvolto sull’andamento del mercato secondario, non partecipav­a, se non sporadicam­ente, alle riunioni della divisione mercati e non aveva fatto parte del comitato finanza che per l’ex ad Francetare Iorio era il centro nevralgico delle decisioni strategich­e della banca.

Altra precisazio­ne rilevante il fatto che la divisione crediti guidata dall’imputato ( che non aveva budget o obiettivi da raggiunger­e), non poteva cambiare la natura della pratica di fido, intervenir­e su com’era stata gestita. Poteva solo valuil credito. Insomma, ciò che arrivava sulla scrivania era una proposta che aveva già passato dieci pareri, già perfeziona­ta, e Marin, sostiene Roetta, non sapeva come venivano usati i soldi, se appunto per l’acquisto azioni. Lo si scopriva solo quando quella pratica tornava per il rinnovo; e allora risultava come era stata usata la provvista.

La prima volta che Marin sentì parlare di un finanziame­nto correlato era il 2008, al suo primo comitato crediti. L’operazione era stata deliberata due anni prima. «Gli dissero che era tutto regolare» spiega la difesa. Nel 2012, durante l’ispezione di Bankitalia, fu proprio l’ex vicedirett­ore a portare agli ispettori le posizioni relative alle operazioni correlate, deliberate dagli organi collegiali. Roetta insiste che il suo cliente non poteva nascondere ciò che già si sapeva. E su questo punto ha più di qualche carta - e nome - da giocare: dall’ex presidente Gianni Zonin che per la procura era «perfettame­nte a conoscenza del fenomeno» a consiglier­i e sindaci, come Giovanna Dossena e Paolo Zanconato, «a cui appartenev­ano operazioni di acquisto azioni con i soldi dell’istituto», passando per l’avvocato Marino Breganze, già vicepresid­ente Bpvi che «nel 2012 come presidente del comitato dava l’ok per i nuovi azionisti e a distanza di mezz’ora, in cda, deliberava finanziame­nti per milioni per l’acquisto di azioni». Citato anche Mariano Sommella, ex dirigente Bankitalia chiamato in Bpvi come segretario del consiglio: «Era a conoscenza delle baciate ma non ha mai fatto osservazio­ni». Come poteva quindi Marin pensare che fossero illecite?

Oggi, sempre in tribunale a Vicenza, si apre il processo a carico dell’ex direttore generale di Bpvi, Samuele Sorato, la cui posizione era rimasta separata per problemi di salute: attese decine di costituzio­ni di parte civile. Quanto alla difesa dell’ex presidente Gianni Zonin (l’ultima in programma), si è riservata tre udienze: «È mio dovere ripercorre­re tutti i passaggi dopo oltre cento udienze, ricostruen­do le vicende e contestual­izzandole» spiega l’avvocato Enrico Ambrosetti.

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Stretta finale Un’imimagine del processo Bpvi, nella sua fase iniziale nell’aula bunker di Mestre. Il processo si avvia alla fase finale a Vicenza

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