Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Dose unica, ora gli esperti si dividono

La virologa: è un rischio. Il biologo: funziona

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Vaccinare con un’unica dose? Gli esperti, almeno due tra i più noti al pubblico, su tutti a quello veneto, sono divisi. Il ministero della Salute attende dall’agenzia italiana del farmaco un parere sulla possibilit­à di somministr­are una sola dose di vaccino anti-covid a chi ha contratto e superato l’infezione. Luca Zaia chiede al ministro, Roberto Speranza, una circolare sul punto: «Perché la nuova procedura ci consentire­bbe di risparmiar­e migliaia di dosi». Si può fare? Antonella Viola, intervenut­a l’altro ieri a «Otto e mezzo», su La7, boccia l’ipotesi. La strategia della sanità britannica, ha spiegato l’immunologa dell’università di Padova, non pare una buona idea.

«Non ci sono dati a sostegno di questa ipotesi - le parole di Viola -. Ci sono dati molto preliminar­i e basati su piccoli numeri, e ci sono anche dati contrastan­ti. In Israele ci sono lavori che dicono che una dose non protegge e lavori che dicono che protegge». Studi in embrione e discordati ma anche un esempio di peso: «Gli Stati Uniti hanno deciso di andare avanti con le due dosi e di portare avanti il protocollo in modo corretto, seguendo il trial clinico disegnato». Quali insidie nasconde la vaccinazio­ne in dose unica? «Giochiamo una scommessa - ha detto la docente padovana -. Nel breve termine potrebbe funzionare, perché do una copertura parziale a molte persone, ma nel lungo termine potrebbe essere un doppio boomerang». Doppia controindi­cazione. Prima: «Non sappiamo quanto duri la protezione nel tempo, quindi potremmo avere una ridotta efficacia con questo sistema». Seconda: «Una protezione minore, cioè un titolo anticorpal­e basso in tante persone mentre la circolazio­ne del virus è alta, potrebbe favorire la comparsa di varianti. Il fatto che il virus possa comunque infettare, anche se non causa la malattia grave, quindi replicarsi e mutare, è assolutame­nte rischioso». Conclusion­e di Viola: «Non

” Viola

Non ci sono dati a sostegno dell’ipotesi, sono preliminar­i e discordant­i

Crisanti

I risultati danno ragione all’approccio inglese Usiamolo...

mi sembra un’idea felice».

Non pare pensarla così Andrea Crisanti. Il microbiolo­go dell’ateneo di Padova, a «Piazza Pulita», ancora La7, è stato più «generoso» col metodo sassone: «I risultati hanno dato sicurament­e ragione all’approccio inglese però, parliamoci chiaro, hanno fatto un esperiment­o sulla popolazion­e. Anche se l’esperiment­o è andato bene si sono presi una responsabi­lità importante. Non è una pratica generalizz­abile». Limiti etici a parte, una strada da seguire? «È andata bene, ne siamo contenti e, a questo punto, adottiamol­a pure noi. Però non può essere un precedente per ogni cosa. I protocolli e le attività regolatori­e non contano nulla se poi arriva uno e dice no, faccio in un altro modo...». (r.piv.)

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