Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Le aziende dei bus pronte a far causa agli autisti no pass «Molti fanno già dietrofront»
Corse saltate, migliaia di euro persi al giorno L’avvocato: ma non c’è alcun margine legale
VENEZIA Il porto di Venezia non ha seguito le orme battagliere di quello di Trieste ma le vere sacche di resistenza al green pass in Veneto viaggiano su gomma. Sono, infatti, le aziende del trasporto pubblico locale ad aver contato fino al 10% di dipendenti, essenzialmente autisti, «indisponibili».
Una definizione che include non solo chi ha annunciato a brutto muso di non volersi piegare al provvedimento ritenuto «liberticida», neppure con i tamponi, ma anche il sospetto drappello di caduti con certificato di malattia. Il risultato, nei primi giorni di passione dell’era green pass, sono state botte di 400 corse saltate per provincia. Un guaio per i passeggeri rimasti a terra, certo, ma anche per le casse delle aziende stesse che vivono anche di contributi regionali con un tot a km percorso. Tanto che la veronese Atv e la Trevigiana Mom hanno annunciato lettere «informative» a tutti i dipendenti. Oggetto: in caso di danni all’azienda, si valuteranno tutte le vie legali possibili. Insomma, ci si potrebbe ritrovare con una causa per danni ma c’è chi, come Mom, sta verificando se sia possibile imputare ai dipendenti no pass il danno d’immagine e l’interruzione di pubblico servizio.
«Noi vogliamo bene ai nostri dipendenti, - esordisce Massimo Bettarello, a capo di Atv ma anche dell’associazione di categoria delle public utility, Confservizi - e quindi con questa lettera li avvisiamo. Il risultato è stata una valanga di insulti, sindacati inclusi. L’altro risultato, però, è che da venerdì a oggi (ieri ndr) il numero dei nostri dipendenti indisponibili, erano un’ottantina, si è dimezzato. Ognuno le aziende le gestisce come vuole, la mia è una posizione corretta, se per caso un domani i nodi dovessero venire al pettine almeno nessuno potrà dire di non sapere». I nodi in questione sono, appunto, i chilometri che i bus Atv avrebbero dovuto percorrere ma che la penuria d’autisti ha impedito. «È ragionevole presumere che la
Regione non pagherà per le 400 corse ferme al giorno. E parliamo, se la situazione fosse perdurata, di un danno da 300 mila euro al mese, cifre non indifferenti». La soluzione per alcuni, Bettarello incluso, sarebbe la presentazione di green pass al medico cui si chiede il certificato di malattia. C’è chi come Atv e Mom persegue la linea dura apertamente mentre altre aziende come Svt tacciono. Pare di capire che il tema, però, sia condiviso. Actv ieri ha smentito con una nota di aver avviato «qualsiasi procedura di denuncia o risarcitoria a carico dei dipendenti non in possesso di green pass, né tanto meno è mai stata dichiarata la volontà aziendale di procedere con cause legali», aggiungendo di essere stati «coinvolti in una verifica sulle possibili azioni da intraprendere a favore della regolarità del servizio per la nostra clientela a livello generale di categoria». I giuslavoristi come Valter Duse, però, hanno più di qualche dubbio sulla percorribilità di una causa per danni. «Sono minacce che non hanno fondamento giuridico. spiega l’avvocato Duse - Se fosse in vigore l’obbligo vaccinale i contorni potrebbero essere diversi. Qui parliamo di aziende partecipate con un regime di lavoro privatistico un po’ particolare. Temo che l’unica soluzione sui dipendenti no pass sia di considerarli assenti ingiustificati in un rapporto di lavoro congelato ex lege. Senza l’obbligo si è scelta una situazione di compromesso». Il Tpl sceglie la linea dura ed è a una distanza siderale dalla prassi in azienda: «C’è chi chiama il farmacista in azienda a fine turno per fare il tampone ai dipendenti non vaccinati ragiona Mario Pozza - e non c’è alcuna intenzione di arrivare a far causa perché obiettivamente non è che ti si blocca la produzione, al massimo si rallenta».
Bettarello Vogliamo bene ai dipendenti, li stiamo avvisando. Comunque gli assenti sono già dimezzati...