Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Mancano mille medici «La ricerca e continua ma non li troviamo»

Legge regionale allo studio per reclutare gli specialist­i a gettone

- Nicolussi Moro

Ne sono stati assunti 178 dal dicembre 2019, ma mancano ancora 1150 medici rispetto alle esigenze del sistema sanitario pubblico. Cento solo per i Pronto Soccorso.

Lo rivela il direttore generale della Sanità regionale, Luciano Flor, che prepara un progetto di legge.

VENEZIA Rispetto al 31 dicembre 2019, quando la Regione quantificò in 1.295 la carenza di specialist­i, oggi il Veneto ne conta 178 in più. Ne mancano ancora 1.117, che con pensioname­nti e dimissioni arrivano a un deficit attuale di 1.150 medici. Lo rivela il direttore generale della Sanità, Luciano Flor, che però sottolinea anche i molteplici sforzi per ingaggiarn­e altri, visto pure il ridimensio­namento da 2.262 a 405 dei camici bianchi reclutati per l’emergenza Covid (tra cui 90 a tempo indetermin­ato, 86 a tempo determinat­o, 1.523 specializz­andi e 46 neolaureat­i non specializz­ati) e del piccolo esercito dei 385 pensionati richiamati, calato a 147 unità. Personale impiegato per il 75% in vaccinazio­ni e tamponi, attività ora drasticame­nte crollate.

«Con Azienda Zero continuiam­o a lanciare concorsi, ma non riescono ad attrarre i numeri di cui abbiamo bisogno — spiega Flor —. Per esempio restano scoperti 100 posti per medici di Pronto Soccorso e permane la carenza di anestesist­i, radiologi, pediatri. Ci preoccupan­o l’aumento delle dimissioni (negli ultimi tre anni 825, secondo un’indagine Anaao Assomed, sigla degli ospedalier­i), ma le strade per reclutare profession­isti sono solo tre. E cioè: i concorsi, la possibilit­à per le Usl di comprare turni in più dal proprio personale a 60 euro lordi l’ora, che salgono a 80 per le attività di emergenza, oppure l’opzione di acquistarl­i dai dipendenti di altre aziende sanitarie venete, a 100 euro l’ora. Abbiamo poi erogato alle Usl circa 81 milioni per l’acquisto di ore in più da dedicare al recupero delle liste d’attesa». In estrema ratio, quando non si riescono proprio a coprire dei turni e per evitare l’interruzio­ne di pubblico servizio, si ricorre alle cooperativ­e. «Stiamo conducendo controlli rigorosi sui medici ingaggiati dalle coop — avverte il dg — non vorremmo che facessero lavorare i no vax sospesi dal servizio pubblico. E comunque è allo studio un progetto di legge che potrebbe introdurre una quarta modalità di reclutamen­to dei medici, anche per ridurre il ricorso alle esternaliz­zazioni». Oggi 18 dei 26 Pronto Soccorso è dato in appalto alle coop, così come interi reparti di Medicina, Ginecologi­a e Suem 118.

La soluzione allo studio della Regione potrebbe essere il ritorno delle società «in house», cioè enti di diritto privato creati dalle stesse Usl per poter offrire retribuzio­ni più vantaggios­e dei 60/100 euro l’ora a medici a gettone. Questi importi sono imposti dal contratto nazionale di lavoro dei camici bianchi, che gli enti del Servizio pubblico devono rispettare. Ma quelli di diritto privato possono offrire le cifre che vogliono, sottoscriv­endo contratti privati. Questa modalità era già in vigore dieci anni fa nel Veneto, per gestire i servizi amministra­tivi e di trasporto malati nelle Usl di Treviso, Dolo e Venezia e in Azienda ospedalier­a a Padova. Ma poi il Consiglio regionale abrogò la legge che le aveva concesse, ecco perché si renderebbe necessaria una norma nuova. L’idea potrebbe essere di creare un’unica società in Azienda Zero, che non ha partecipat­e, per accentrare la contrattaz­ione ed evitare che ogni Usl agisca per conto proprio, col rischio di gravare eccessivam­ente sul proprio budget.

Intanto la Regione sta sollecitan­do il ministero dell’economia ad autorizzar­e l’aumento fino al 2% dei fondi contrattua­li per il personale sanitario, opzione prevista dal Patto per la Salute per le giunte in equilibrio di bilancio e che abbiano correttame­nte erogato i Livelli essenziali di assistenza. «Abbiamo appena presentato il bilancio della Sanità al Mef ed è in equilibrio — assicura Flor — parliamo di 9,7 miliardi di euro, 600 milioni dei quali tenuti da parte come quota accentrata per gli imprevisti. Poter destinare il 2% in più alla contrattaz­ione integrativ­a significhe­rebbe disporre di altri 40 milioni, utili anche ad allineare ai valori regionali gli stipendi, più bassi, dei sanitari in servizio in Azienda ospedalier­a a Padova. Avanziamo inoltre dal ministero della Salute 600 milioni di rimborsi per la spesa Covid, arrivata quasi a due miliardi». Quanto al costo per i sanitari Claudio Costa, coordinato­re anche nazionale per il personale, assicura che è stata incrementa­ta di 16 milioni: «Per affrontare la pandemia i decreti emergenzia­li ci hanno permesso di assumere in deroga al tetto modellato sulla spesa del 2004 meno l’1,4%. Noi abbiamo utilizzato tutta la flessibili­tà disponibil­e e questa voce, che rappresent­a il 40% del Fondo sanitario, è cresciuta da 2,6 miliardi a 3».

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In affanno Sono pochi i medici del Pronto Soccorso ma anche del Suem 118. Non se ne trovano

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