Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Niente cartelloni nè slogan le scelte controcorrente del candidato Tommasi
La campagna del centrosinistra tra fair play e parole pesate
VERONA Le pensiline degli autobus sono colonizzate dal volto di Flavio Tosi, in camicia bianca sciolta, e lo sloganfrecciata «Torna il sindaco». Il sindaco attuale, Federico Sboarina, campeggia istituzionale e incravattato in grandi manifesti in cui promette il sogno di una «Verona Olimpica». Quella dei vecchi cartelloni giganti non sarà la forma più “sexy” di campagna elettorale al tempo dei social e del web, ma per i candidati che ci investono considerevoli risorse conserva una sua primitiva efficacia. Non, tuttavia, per Damiano Tommasi.
Tommasi, per sua volontà, non è sui cartelloni. Ma non è tutto: il candidato non ha uno slogan, va poco in televisione e seleziona le apparizioni pubbliche: una puntata al mercato dello Stadio o del Saval, un passaggio al convegno di area o all’iniziativa di una lista che lo sostiene. Centellina le interviste e evita i trappoloni dei giornalisti: difficile strappargli una dichiarazione polemica, metterlo nell’angolo su un tema controverso. Si ritrova in un proverbio appreso quando giocava al Levante, in Spagna: «Schiavo delle tue parole, padrone dei tuoi silenzi». Mentre Tosi e Sboarina - politicamente parlando si scannano, Tommasi dei due non ha detto praticamente nulla di negativo, anzi nulla di nulla se non che sì, una volta ci ha giocato a pallone insieme. Parla poco e, quando lo fa, usa volentieri metafore calcistiche: verrebbe da dire che, com’era in campo, anche in politica è un mediano che non entra mai a gamba tesa. Il fair play come stile di vita.
Come noto, Tommasi è un ex calciatore di Verona, Roma e Nazionale. Ha chiamato la sua coalizione «Rete!» (così esultava a ogni gol lo storico speaker dell’hellas Roberto Puliero, mancato tre anni fa) ma giura che non c’entra il pallone: la sua «rete» è l’intreccio di liste, partiti e partitini che ha unito il centrosinistra come mai prima a Verona, anche a costo di mettere in piedi un bizantino tavolo programmatico formato da 11 commissioni e 139 saggi, distribuiti secondo un preciso Cencelli. Quando Carlo Calenda ha minacciato di ritirare la sua lista se Tommasi avesse fatto un’intesa con il Movimento Cinque Stelle, lui ha limato, ricucito e mediato fino a giungere alla soluzione candidati grillini ospitati nelle sue liste senza simbolo suggellata da un selfie con Giuseppe Conte a Roma. Aveva ragione Simone Perrotta, quando ricordava la formativa esperienza dell’amico al vertice dell’associazione calciatori: «La politica sportiva non è mica una passeggiata e chi ha vissuto anche la politica di palazzo dice che ci sono le stesse dinamiche».
Quello che a Tommasi viene rinfacciato dai suoi avversari - che sempre premettono: «Ma è una bravissima persona» - è la mancanza di esperienza amministrativa. Se non essere mai stato sui banchi del consiglio comunale gli pesa e non essere nemmeno di Verona città (è originario di Sant’anna d’alfaedo, in Lessinia) può rappresentare un limite, per rimediare si è messo a studiare, come il più umile e diligente degli studenti della sua scuola ispirata alla pedagogia di don Milani. Nel periodo in cui è stato costretto a casa dal Covid, ha postato una foto alla sua scrivania dove, tra le altre cose, campeggia il volume «Cronache dell’economia Veronese del Novecento e Oltre» del nostro Lillo Aldegheri. Libri, documenti, delibere: quanto si può assorbire in pochi mesi? Ma forse la domanda vera è un’altra: come prenderà forma la Verona di Tommasi? Quale sarà la narrazione che farà propria ora che la campagna elettorale entra nel vivo? Il tempo degli allenamenti è ormai scaduto, il campionato sta per iniziare.