Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Veneto Banca, sulle azioni Consoli non può essere processato due volte»
Truffa, udienza preliminare alle fasi finali. Decisione del Gup sul rinvio a giudizio a luglio
TREVISO Non si può processare Vincenzo Consoli due volte per lo stesso fatto. È la tesi che l’ha fatta da padrone ieri nell’udienza preliminare del procedimento-bis che vede l’ex amministratore delegato di Veneto Banca rischiare il rinvio a giudizio per associazione a delinquere finalizzata alla truffa sulla vendita, tra 2012 e 2015, delle azioni della banca. Consoli e gli altri 4 imputati - Giuseppe Cais, responsabile pianificazione (difeso dall’avvocato Giuseppe Pugliese), Andrea Zanatta, ex funzionario preposto alla determinazione del prezzo azioni (difensore: Boris Cagnin), Mosè Fagiani, condirettore e responsabile area commerciale (avvocato Massimiliano Asdrubali) e Renato Merlo, responsabile Pianificazione (difensore: Alberto Mascotto) – avrebbero pianificato il collocamento dei titoli a prezzi, secondo la stime della Procura, gonfiati anche del 70%.
Raffaella Di Meglio, avvocato dello studio di Ermenegildo Costabile e difensore di Consoli (già condannato a 4 anni per falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza) usa il ragionamento seguito nell’ordinanza con cui a marzo il Gup di Vicenza, Matteo Mantovani, ha archiviato le accuse – per gli stessi reati di cui sono accusati i dirigenti di Veneto Banca - ai vertici Bpvi: «Non è possibile procedere contro Consoli - ha detto -. vi sarebbe una palese violazione del principio del no bis in idem dato: è già stato giudicato per fatti che sono gli stessi contestati in questa sede».
L’avvocato ha spiegato che il presupposto dell’imputazione «è il valore gonfiato delle azioni: ma è già stato condannato per questo». Inoltre «è stata rappresentata - ha detto - l’insussistenza dell’associazione a delinquere: da un lato Consoli è stato descritto come ‘One Bank Man’, unico responsabile di ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto; ora è invece indicato come il capo addirittura di un’associazione a delinquere». «Nello stesso periodo in cui si svolge la vicenda per cui è stato giudicato - ha attaccato la Di Meglio - si sarebbe configurata la situazione dell’uomo solo al comando e, al contempo, del promotore di un gruppo malavitoso. È qualcosa di bizzarro, un elemento che non trova riscontro in nessuno dei fatti nel fascicolo di indagine». «Per la truffa - ha puntualizzato - la famiglia di Consoli era azionista di Veneto Banca, di cui deteneva titoli per circa 7 milioni. Il pm ha ritenuto che per alcuni, in particolare per l’ex presidente Flavio Trinca e soprattutto i dipendenti, il fatto di detenere azioni significasse il venir meno dell’elemento soggettivo del reato. Quindi abbiamo chiesto che questo parametro valga anche per Consoli, che ha acquistato non solo nel 2014, nell’aumento di capitale, ma anche nel 2015 e 2016». A margine è stata chiesta la prescrizione per fatti, iscritti nel 2016 ma arrivati a processo solo oggi.
Il legale di Renato Merlo ha invece posto l’accento sul fatto che cda e assemblea sarebbero stati indotti in errore dalla Pianificazione, di cui sarebbe stato a capo l’imputato: «Tesi - ha detto - smentita dalla lettura dei verbali: in realtà tutti erano consapevoli di quello che andavano a decidere nel formulare i piani, peraltro immaginati secondo una lettura ottimistica delle prospettive della banca. È evidente che da parte della funzione guidata dal mio assistito non c’è stata alcune induzione all’errore». Si torna in aula il 1. luglio per le repliche dell’accusa. La decisione del Gup Piera De Stefani è attesa per metà dello stesso mese.
” La difesa Bizzarro che l’ex ad prima sia descritto come un uomo solo al comando e ora come il capo di un gruppo malavitoso