Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ventitrè coltellate a Marta «come dice la canzone trap»
In carcere a 15 anni. «Scelse la vittima perché donna»
MOGLIANO VENETO Fumava anche «nove spinelli al giorno» e aveva bisogno di soldi. Ha scelto la vittima a caso e «l’ha accoltellata per 23 volte come nella canzone del trapper che ascoltava sempre». Le carte dell’inchiesta e le sentenze ricostruiscono l’aggressione del quindicenne di Mogliano a una giovane studentessa avvenuta l’anno scorso. IL MINORE ERA ALTERATO
TREVISO Sono le 16.50 del 22 marzo di un anno fa. I carabinieri intervengono a Mogliano Veneto, in una zona periferica immersa tra i campi. Capiscono subito che è accaduto qualcosa di grave: «Poco lontano c’era il ragazzo ferito alle mani e al volto, con i vestiti bagnati e sporchi di sangue… Nel canale di scolo c’era lei, con la testa insanguinata e il corpo immerso nell’acqua». Il capopattuglia si avvicina e, prima di perdere i sensi, la vittima indica il giovane: «È stato lui, voleva i miei soldi».
L’episodio, all’epoca, sconvolse l’italia. Ora, a un anno dal tentato omicidio di Marta, la studentessa accoltellata ventitré volte da un quindicenne mentre faceva jogging, è finalmente possibile ricostruire con precisione ciò che accadde quel pomeriggio attraverso le carte dell’inchiesta e le due sentenze che hanno portato alla condanna del ragazzino. Ma soprattutto si può provare a capire come un adolescente apparentemente tranquillo, che gioca a calcio e ha buoni risultati a scuola, possa improvvisamente trasformarsi in un predatore che tenta di uccidere una sconosciuta solo per sperare di rubarle qualche decina di euro.
Sentito due giorni dopo l’arresto, il quindicenne incontra una psicologa che lo descrive come «controllato, freddo, distaccato (…) riferisce di stare bene, di non essere spaventato». Lui racconta che «da circa un anno e mezzo» fuma marijuana da solo o in compagnia, «tutti i giorni, anche nove “canne” al giorno» e, anche se meno di frequente, beve alcolici «con gli amici… specialmente vodka». La questione appare rilevante perché, all’udienza di convalida dell’arresto, il 26 marzo, sostiene che quel giorno «voleva rapinare una persona perché doveva “prendere” il fumo», salvo poi ritrattare dicendo che in fondo, il denaro, in qualche modo l’avrebbe rimediato comunque. Secondo una testimone il minorenne partecipava a una colletta coi coetanei: «Diceva che gli servivano 500 euro a settimana per comprare marijuana da fumare tutti insieme».
Non solo. Dall’indagine emergono altri dettagli sul periodo che ha preceduto l’aggressione. Piccoli furtarelli: ha ammesso di aver rubato i soldi dal portafoglio della mamma e, un anno prima, il bancomat del nonno per prelevare 200 euro. Risulta anche aver venduto a un compro-oro di Mogliano un gioiello, raccattato chissà come, per 400 euro.
Sentita dai carabinieri, la madre del quindicenne spiega che «ascoltava musica trap», intonava «sempre le canzoni di Mambolosco», un musicista in voga tra i ragazzini, e che tra queste ce n’è una dal titolo «23 coltellate» (esattamente quelle inferte a Marta), che aveva sentito più volte cantare al figlio «ma non ci aveva mai dato particolare peso». Il testo fa così: «Ventitré coltellate al petto, yah... Voglio morire qui proprio sul tuo letto, yah...».
Nel ricostruire il pomeriggio dell’aggressione, il minorenne (assistito dall’avvocato Matteo Scussat) dice di aver preso un coltello dalla cucina di casa: lo aveva «visto fare in tanti film» anche se poi assicura che non è dalla tv che ha preso ispirazione ma è «un pensiero che mi è venuto così». Lo ha «messo dentro le mutande» per poi uscire in bici alla ricerca della vittima perfetta. Nella sentenza d’appello i giudici spiegano che la scelta è caduta sulla povera studentessa solo perché «individuata, verosimilmente, in quanto donna e in un luogo isolato». Poteva capitare a qualunque altra ragazza: Marta ha avuto solo la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato.
Il quindicenne conferma di aver rapinato «la prima persona che ha visto: era da sola, l’ha inseguita per tre minuti andando piano in bicicletta». Poi è sceso lentamente dalla bici e «per non rovinarla» l’ha lasciata a terra, facendo un paio di passi con l’arma in mano. L’aspetto più agghiacciante è che non prova neppure a minacciarla: ricorda di averla accoltellata «sulla schiena senza dirle niente». La vittima «ha cercato di scappare, è andata dentro il fosso» e lui l’ha inseguita. Marta è caduta a terra, col viso rivolto verso di lui. Le è salito sopra: con una mano impugnava il coltello e con l’altra le tappava la bocca «per impedirle di urlare». Solo a quel punto le ha detto: «Dammi tutto quello che hai». La studentessa, 26 anni, gli ha risposto che non aveva denaro «e lui le ha tirato un’altra coltellata». A quel punto gli ha offerto il suo telefonino ma il ragazzo le ha risposto di no e ha continuato a colpirla, perfino quando lei lo ha implorato: «Sto per morire».
Quando gli chiedono perché abbia agito in quel modo, il quindicenne scrolla le spalle: «Mi è venuto in mente così». A salvare Marta sono due operai di passaggio, il cui arrivo spinge l’aggressore a desistere. Lui, lì per lì, si giustifica dicendo loro di essere sceso nel fossato solo per salvare quella ragazza in difficoltà. La definirà «una bugia a caso».
Ora il difensore del ragazzino valuta se ricorrere in Cassazione, anche in forza della perizia psichiatrica che definiva l’imputato affetto da una parziale infermità perché non sa distinguere i comportamenti leciti da quelli illeciti. La famiglia di Marta, assistita dall’avvocato Alberto Barbaro, ha seguito tutte le udienze e quattro settimane fa ha saputo dello sconto di pena concesso all’aggressore: dai sei anni e otto mesi di carcere sanciti dal tribunale per i minorenni di Venezia, ai 5 anni definiti in Appello. Pur confermando la condanna per il tentato omicidio, i giudici hanno ritenuto «sproporzionata» la pena per la tentata rapina, che è stata quindi ridotta e meno della metà.