Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

No vax sospesi primo giudice contro la legge «Smisurata»

- Costa

PADOVA «L’obbligo vaccinale imposto ai lavoratori non appare idoneo a raggiunger­e lo scopo che si prefigge», perché «la persona che si è sottoposta al vaccino può comunque contrarre il virus e contagiare gli altri». Un giudice veneto ha reintegrat­o ( prima volta) un’operatrice socio-sanitaria no vax.

PADOVA «L’obbligo vaccinale imposto ai lavoratori non appare idoneo a raggiunger­e lo scopo che si prefigge», perché «la persona che si è sottoposta al ciclo vaccinale può comunque contrarre il virus e può contagiare gli altri». E quindi il personale no-vax deve essere reintegrat­o, visto che la norma che ne imponeva l’allontamen­to era inefficace, perciò illegittim­a. Nessun accenno alla ridotta carica virale nei soggetti vaccinati, nessun passaggio che richiami le diverse percentual­i di contagio, ospedalizz­azione o gravità dei sintomi, per il giudice non c’è alcuna scala di rischio, solo la possibilit­à di contrarre il Covid-19 o la totale immunità. Un’interpreta­zione che, per la prima volta, arriva da un giudice veneto – a fronte di decine di pronunciam­enti opposti – sul caso di un’operatrice socio-sanitaria che, rifiutando prima, seconda e terza dose, ha finito col perdere il posto.

La donna non si è però data per vinta e si è rivolta a un avvocato, con cui ha portato la sua storia davanti alla sezione lavoro del tribunale ordinario di Padova: un ricorso contro la fondazione che la impiegava per assistere pazienti affetti da varie forme di disabilità. Le carte sono state depositate a febbraio, ma la vicenda risale all’anno scorso: l’operatrice, che lavorava lì da 14 anni, è stata sospesa a metà agosto – misura confermata il 31 dicembre – e a settembre era stata la stessa Usl 6 a comunicare al suo datore di lavoro l’inosservan­za dell’obbligo vaccinale. La donna, ricordando di essere madre di due figli, di cui uno minorenne, e di avere in piedi un mutuo, ha chiesto all’azienda di poter essere reintegrat­a, anche con mansioni minori, a fronte di un tampone negativo presentato anche ogni giorno. Niente da fare: il decreto sul contenimen­to della pandemia non ammetteva alternativ­e e comunque la struttura aveva spiegato di non avere altre posizioni da ricoprire. La questione quindi si riduce all’applicazio­ne delle norme emergenzia­li, e qui interviene il giudice Roberto Beghini. Nella sentenza si legge che, anche alla luce di tutti i principi di tutela della salute pubblica rievocati nel decreto, giustament­e prioritari rispetto al diritto alla singola autodeterm­inazione sanitaria, l’incapacità del vaccino di fornire una totale immunità al virus rende di fatto inutile la norma.

Addirittur­a, si citano i numeri del ministero della Salute secondo cui il numero più alto di contagi in assoluto è datato 11 gennaio 2022, quindi in piena copertura vaccinale; il ministero viene richiamato ancora nel testo, per bollare come «tassativam­ente falsa la dichiarazi­one secondo cui chi ha fatto il vaccino con terza dose non può ammalarsi e non può trasmetter­e l’infezione». Beghini scrive che visto «il chiaro tenore letterale delle norme sospettate di incostituz­ionalità», non è possibile alcuna «interpreta­zione costituzio­nalmente orientata», prende in consideraz­ione la necessità per la donna di mantenere lo stipendio e obbliga la sua fondazione a reintegrar­la immediatam­ente, a condizione che si sottoponga regolarmen­te a test. In Veneto ci sono stati anche centinaia di ricorsi al Tar, che si è però sempre dichiarato incompeten­te proprio in favore del giudice del lavoro.

Il magistrato del lavoro: è falso che i vaccinati non infettino, azione sproporzio­nata

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