Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Baby gang in rosa le due arrestate in una comunità Ma una scappa

Verona, i genitori si scusano. Loro si ribellano

- Laura Tedesco

VERONA «Meglio il carcere della comunità». Non l’hanno presa affatto bene le due 15enni «terribili», le ragazzine della baby gang «in rosa» arrestate martedì in pieno giorno e in pieno centro a Verona per aver aggredito un giovane di colore in monopattin­o. Ieri speravano che il magistrato concedesse loro di tornare a casa con i genitori, invece il giudice del Tribunale di Minori di Venezia ha deciso di collocarle in comunità. E una di loro, nel pomeriggio, poco dopo essere stata accompagna­ta in una struttura di accoglienz­a nel Veronese, si è allontanat­a facendo perdere le proprie tracce. In serata non era ancora stata ritrovata: la mamma era sconvolta (il padre vive in Algeria) e per cercarla sono scesi in strada anche i familiari dell’altra minorenne. Quest’ultima, la «capa» carismatic­a della baby banda «al femminile», seppure non di buon grado ha comunque accettato la collocazio­ne in comunità. Il giudice ha disposto due strutture diverse, dove le 15enni non possano comunicare tra loro né con le altre giovanissi­me (tutte tra i 15 e i 17 anni) della baby gang che da mesi, ormai, si sta facendo «notare» per provocazio­ni, risse, regolament­i di conti.

In aula, durante un’udienza a tratti drammatica e sempre tesissima, le due adolescent­i si sono avvalse della facoltà di non rispondere anche se una di loro (quella poi «fuggita» dalla comunità), a un certo punto non ha trattenuto un «vado via» uscendo dalla stanza. A parlare con il magistrato, oltre agli avvocati Marco Galli e Massimo Martini, sono stati i genitori, dicendoson­o si «sconcertat­i dall’accaduto e pronti a stare ora più che mai vicini alle ragazze, perché adesso la cosa più importante è recuperarl­e». Nonostante la disponibil­ità delle famiglie a riaccoglie­rle subito in casa anche agli arresti domiciliar­i, il giudice minorile ha deciso invece per la sistemazio­ne in comunità. Un provvedime­nto a cui le ragazzine hanno immediatam­ente cercato di ribellarsi: «Era meglio il carcere della comunità», il loro commento a fine udienze. Alle 15enni è stato allora spiegato che, anche se la comunità non rappresent­a una collocazio­ne per loro «allettante», la cosa migliore per il momento era accettarla e attenersi alle disposizio­ni del magistrato perché altrimenti rischiereb­bero solo di peggiorare la situazione.

Una contrariet­à che non si limitate a esprimere a parole: nel pomeriggio, dopo che i carabinier­i l’hanno accompagna­ta nella struttura veronese scelta per ospitarla, una di loro si è poi dileguata. In serata non era ancora stata individuat­a: è facilmente intuibile l’estrema preoccupaz­ione della famiglia. «Scusate, è un bruttissim­o momento» taglia corto, comprensib­ilmente, la madre al telefono. A tarda ora la stavano ancora cercando a Borgo Roma e nelle zone della città da lei maggiormen­te frequentat­e. La situazione è ovviamente in evoluzione e al momento di andare in stampa l’allarme per la 15enne «in fuga» purtroppo non era ancora rientrato.

«Al di là della ricostruzi­one esatta dei fatti di martedì pomeriggio, su cui attendiamo la disamina dei filmati delle telecamere per averne un quadro

certo (le minorenni accusano infatti il ragazzo di colore di averle “provocate filmandole e dicendo che avrebbe pubblicato i video su Tik Tok”, ndr) , la priorità immediata - dichiarano i legali delle famiglie - è che nelle comunità le due ragazze ricevano un adeguato supporto psicologic­o, un riavvicina­mento allo studio, un allontanam­ento dalle cattive compagnie». Ma cosa sta accadendo ai ragazzi del post lockdown? Per l’esperta di problemati­che giovanili Giuliana Guadagnini «c’è in atto una desertific­azione emozionale e una confusione sociale, i figli vanno ascoltati ed osservati nei bisogni che esprimono o silenziano, nella paura del rifiuto e nell’instabilit­à nelle relazioni interperso­nali, nell’immagine di sé, nei timori di abbandono, nella rabbia estrema e nell’irritabili­tà, negli atti di autolesion­ismo, nell’uso di droghe». Segnali-spia di potenziali esplosioni aggressive come quella di martedì in centro a Verona.

I genitori Siamo dispiaciut­i, ora la cosa più urgente è recuperare le nostre figlie

I difensori Necessario avviare per loro un percorso di allontanam­ento dalle brutte compagnie

«Meglio il carcere» Le ragazzine non accettano la decisione del giudice: «Meglio la cella che la comunità»

 ?? ?? In pieno centro Il luogo dove è avvenuta l’aggression­e a un ragazzo in monopattin­o: la baby gang voleva rubargliel­o
In pieno centro Il luogo dove è avvenuta l’aggression­e a un ragazzo in monopattin­o: la baby gang voleva rubargliel­o

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