Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Un filo da Ponti a Gae Aulenti ci racconta la casa di vetro»
Larsen: il connubio arte/industria lega gli storici direttori
Una storia in quattro atti. Ogni atto è la firma di un direttore artistico diverso, tra gli anni ’30 e i ‘90: parliamo di Gio Ponti, Pietro Chiesa, Max Ingrand e Gae Aulenti. Ognuno chiamato dalla celebre Fontanaarte ad aprire nuovi percorsi per il design in vetro. A raccontarlo è l’esposizione «Fontanaarte. Vivere nel vetro» curata da Christian Larsen e visitabile a Le Stanze del Vetro. Curatore e storico dell’arte statunitense, Larsen si è fatto guidare dalla «comune e allo stesso tempo peculiare sensibilità rispetto al vetro», che ognuno dei quattro direttori ha espresso in quella lunga stagione d’oro. «Tutti e quattro condividono l’idea che l’eccellenza dei livelli artistici si può coniugare con la moderna produzione industriale», racconta Larsen. Se questa sensibilità li ha accomunati, attratti tutti dalla potenza espressiva del materiale vetrario, cosa li abbia distinti è il nodo su cui si dipana nella mostra.
Gio Ponti, innanzitutto: «È un visionario, capisce il significato autentico dei materiali moderni e le possibilità del vetro all’interno dell’interior design. Quando lui arriva a Fontanaarte, l’azienda produce grandi vetrate e arredamento con componenti di vetro: ma è Gio Ponti che apre un altro immaginario produttivo e un nuovo mercato». L’esperienza del grande designer è di una manciata di anni, dal 1930 al 1932 per poi passare il testimone a Pietro Chiesa, il maestro vetrario con cui ha già una stretta collaborazione. Dice Larsen: «Chiesa è un genio nel lavorare il vetro, riuscendo a esprimere un eclettismo raro, utilizzando tecniche e linguaggi con una estrema versatilità. Per di più, è molto prolifico: dal 1932 al 1948 disegna più di mille opere per l’azienda».
A Chiesa subentra Max Ingrand: «E’ forse il più poetico e sofisticato dei quattro. Riesce ad apportare nuove sensibilità, con un tocco molto francese. È anche quello che più spinge Fontanaarte a una produzione di massa di oggetti
di design in vetro». D’altra parte, raggiunge l’azienda nel 1954 in pieno boom economico. Con la sua partenza nel 1967, torna Gio Ponti come consulente, ma nel frattempo l’azienda vive una lunga stagione di riassetto societario di cui è protagonista la St.gobain. «Il rapporto tra le due grandi aziende è sempre stato forte e complicato», riflette Larsen.
I destini d’impresa si incrociano nel 1910, quasi vent’anni dopo la nascita della Luigi Fontana & Co. La St.gobain infatti investe una quota di maggioranza in Fontana, il che significa una iniezione di capitali che assicurano lo slancio produttivo. Sessant’anni dopo, una serie di fusioni e acquisizioni assicurano all’azienda francese il controllo della gestione di
Fontana.
A fine anni ’70, infine, quando alcuni azionisti rilevano la proprietà, torna la necessità di avere una direzione artistica. È a quel punto che entra in scena Gae Aulenti: «Lei porta una visione nuova e molto inclusiva: invita una serie di grandi designer, coinvolgendoli nell’ideare la produzione, da Renzo Piano a Sottsass. E imprime uno stile che definisco “post-moderno”, perché occhieggia al modernismo ma con molto humor. Sono davvero gli anni ‘80». Un’esperienza che si concluderà nel 1996: «Gae Aulenti non soltanto ha scavato nella storia, ma l’ha anche scritta».