Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Salari, no delle imprese agli aumenti
Scontro a Padova tra governo e industriali sulla riduzione del potere d’acquisto dei lavoratori
Il ministro Orlando: «Inflazione al 7%, intervenite». Confindustria: «Prima voi sul cuneo fiscale»
L’inflazione galoppa, il potere d’acquisto dei lavoratori si riduce. Per il ministro del lavoro Orlando, ieri a Padova, gli industriali devono aumentare gli stipendi e rinnovare i contratti scaduti. Per Carraro, presidente di Confindustria veneto, le imprese sono schiacciate dai costi e non è il momento: «Piuttosto il governo riduca il cuneo fiscale».
Orlando: non si può più far finta di nulla davanti all’inflazione. Carraro (Confindustria): «Anche le aziende soffrono»
PADOVA Lavoro, il ministro torna a chiedere l’aumento degli stipendi contro il caro-vita, ma il no delle imprese è netto. Per il titolare del Lavoro, Andrea Orlando, gli aumenti si possono fare, specie dove i contratti non si rinnovano da anni. Ma dal presidente veneto di Confindustria, Enrico Carraro, viene un no chiaro: «In questo momento è impossibile». E se aumento dev’esserci, deve passare per un taglio del cuneo fiscale.
Il botta e risposta è andato in scena ieri mattina a Padova, all’hotel Crowne Plaza, al convegno del Pd sul lavoro nel Veneto che cambia. Un faccia a faccia tra sindacati e categorie economiche con Orlando, nella sua seconda giornata di visita in Veneto, che ha dato uno spaccato delle variabili in gioco per il mercato del lavoro in regione, a cavallo tra la fine della pandemia e la nuova emergenza, tutta da decifrare nella vastità dei contraccolpi economici, della guerra d’aggressione russa in Ucraina.
Questione con mille effetti diretti, in Veneto. Orlando lo sa bene: il giorno prima ha incontrato i 140 dipendenti di Superjet, la joint venture tra la russa Sukhoi al 90% e Leonardo, il colosso che ha nel Tesoro il socio
PADOVA Le questioni aperte, sul lavoro, in un Veneto tornato alla piena occupazione, sono quattro. Ma l’emergenza è una: il crollo demografico. Tocca a Bruno Anastasia, l’esperto del lavoro per antonomasia in Veneto, descriverne l’istantanea in questo «periodo stranissimo», come lo definisce lui, sospeso tra l’uscita dalla pandemia e gli effetti ancora indecifrabili della guerra, che rendono impossibili le previsioni. «I dati generali — dice Anastasia - sono estremamente positivi»: gli occupati sono 2,140 milioni, tornati sugli stessi livelli di prima della pandemia, quando erano 2,149, e la disoccupazione è al 5,9%. Quadro in cui Anastasia dissolve alcuni miraggi che si erano, o si stanno, profilando all’orizzonte. Tipo i timori per l’ondata di licenziamenti dopo la fine del blocco, «mentre non è successo nulla»; o il tema delle dimissioni: «Qualcuno ci vede una trasformazione di vita all’americana, mentre non c’è niente di tutto questo. C’è solo un rimbalzo, dopo una fase di rigidità, con una maggiore di riferimento, per allestire alle Officine Aeronavali di Venezia gli aerei civili russi. Gli addetti sono in contratto di solidarietà e faticano a ricevere lo stipendio, dopo il blocco dei conti bancari per le sanzioni. Non varrebbe la pena che il governo si assumesse la responsabilità di chiudere un’esperienza che non si sa come potrà operare nel nuovo scenario, facendosi carico dei dipendenti? «Non sono in grado di dare una risposta così definitiva - dice Orlando, prima di entrare in sala -. Credo vada sollecitata l’attenzione di Leonardo, cosa che mi sono impegnato a fare».
Nell’incontro guidato dal segretario veneto del Pd, Andrea Martella, lo spaccato sul lavoro in Veneto è molto articolato. Ma il tema più caldo restano gli aumenti salariali sollecitati dal ministro. Parla di qualità del lavoro, Orlando: «Qui c’è un tema salariale. Faccio un ragionamento da liberista: se altri Paesi pagano meglio, ovvio che i lavoratori vadano lì. C’è si una questione di cuneo fiscale; ma ci sono anche contratti che non si rinnovano dal 2014». E poi, ancora il ministro: «Oggi la contrattazione non funziona più per efficacia e ampiezza di chi non ne è toccato. E c’è una questione di dumping contrattuale: serve una legge sulla rappresentanza che indichi chi può sedere ai tavoli». Per il ministro la questione aumenti va comunque presa in mano: «Anche collegando il salario minimo a quanto si può ottenere con la contrattazione. Non si può far finta di nulla con un’inflazione al 6-7%. Ci sono settori dove gli aumenti si possono spingere».
Ma dal fronte imprese il no è chiaro. A partire dalla Confindustria e da Carraro: «In questo momento è impossibile aumentare gli stipendi - dice, diretto, a margine del convegno -. Le imprese affrontano enormi aumenti di costi, che solo in parte riescono a scaricare sui clienti, ma che per il resto stanno erodendo gli utili»..
La questione si può affrontare, semmai, caso per caso: «Molte aziende hanno preso iniziative contro il caro-vita, come i buoni-benzina - dice Carraro -. E altre, da Luxottica in giù, hanno mostrato capacità di intervenire con corposi premi. Ecco, dov’è possibile farlo, si tratta di lasciare alla
Il ministro
Oggi la contrattazione non funziona più, non si può più far finta di nulla: serve una nuova legge
Il presidente
Va lasciata alle aziende la possibilità di agire, sono già molte le iniziative contro il carovita
contrattazione aziendale la possibilità di regolare la questione». Sul piano generale, Carraro la prende da un’altra parte: «C’è un problema di cuneo fiscale da affrontare, se si vuole aumentare gli stipendi, pur se ci rendiamo conto che non sia banale essere al governo in questo momento». Questione su cui Carraro, nel suo intervento in sala, chiede un intervento al governo negli ultimi dieci mesi di attività, «per dare nuova energia alle imprese, insieme ad un decreto sui flussi migratori, composti e strutturati: abbiamo bisogno di ricostruire la disponibilità di lavoratori ed alte professioni».
Proprio sul fronte di attivare un decreto sui flussi migratori, semmai, Carraro e Orlando trovano un terreno comune: «C’è l’impatto della curva demografica sul mercato del lavoro - dice il ministro- . È chiaro che chi ha raccontato che c’era un piano di sostituzione etnica oggi deve inventarsi altro. E s’inventa le polemiche sul reddito di cittadinanza che è da aggiustare; ma le quantità non stanno insieme: i numeri del Veneto lo dicono con chiarezza».
Il ministro chiude con due flash. Il primo sulla qualità del lavoro: «Dobbiamo chiederci quali forme contrattuali sono compatibili, quanto lavoro interinale e in somministrazione si può tollerare nel momento in cui s’investe sul capitale umano». E poi la necessità di riprendere in mano la politica industriale: «Nel riposizionamento delle catene del valore ci accontenteremo di essere un Paese di terzisti o vogliamo mantenere un ruolo alla nostra industria? Questione che si connette al reshoring e al recupero di un pezzo della nostra industria».