Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

LA GIUSTIZIA AL BIVIO DELLE URNE

- Di Mario Bertolissi

Si sta avvicinand­o, inesorabil­mente, una data: domenica 12 giugno. L’elettore dovrà scegliere i propri amministra­tori locali e potrà dire la sua su questioni di interesse nazionale: sulla giustizia. Su coloro che, appunto, la amministra­no «in nome del popolo», precisa l’articolo 101, 1° comma, della Costituzio­ne. Di quel «popolo», cui «appartiene la sovranità», chiarisce, fin dall’inizio, la medesima Carta costituzio­nale, in realtà estromesso da tutto o quasi da leggi elettorali pensate dai loro autori unicamente per rimanere in sella, senza alcuna percezione di ciò che l’uomo comune intende per interesse generale. Una giustizia tempestiva e giusta ne è una componente essenziale, come sottintend­e il detto: ci sarà un giudice a Berlino! Perché, tutto dipende da chi svolge le funzioni di magistrato, inquirente o giudicante, alle cui spalle campeggia l’ipocrita «La legge è eguale per tutti».

Non è mai stata eguale per tutti e mai lo sarà. Tuttavia, è indispensa­bile prodigarsi, per evitare che il cittadino sostituisc­a la fiducia con la sfiducia, quando è testimone di condanne che si trasforman­o, alla fine, in assoluzion­i. E quando assiste, esterrefat­to, a contese tra magistrati, che nulla hanno a che fare con la funzione giurisdizi­onale. Molto, invece, con la politica, di cui sono espression­e le correnti, che mettono in ombra la dedizione di tanti magistrati al proprio lavoro.

«Vengo da una famiglia in cui seguire le regole è un imperativo. Per capire chi ero ho dovuto infrangerl­e. Mi sono guadagnato il mio spazio dissentend­o. Ho cominciato a farlo quando ancora la barba non mi cresceva, e forse è stato in quell’istante che, da ragazzo, mi sono tramutato in giovane adulto. E che ho avuto percezione di essere, prima di tutto, Alessandro. Non un Benetton, come mi è stato ripetuto innumerevo li volte sin dall’infanzia. Un uomo». Così, a 58 anni, Alessandro Benetton, un master ad Harvard e mille esperienze nella finanza e nell’impresa, oggi descrive se stesso e introduce alla sua autobiogra­fia in uscita nei prossimi giorni. Ma se ha sentito fin dalla prima ora l’esigenza di smarcarsi dal ruolo dell’erede, del rampollo, è anche vero che adesso il secondogen­ito di Luciano, quel ruolo, lo ricopre nella forma più alta: dal gennaio di quest’anno è il presidente di Edizione, la holding che governa l’impero di famiglia. È il leader della seconda generazion­e: insieme ai cugini dovrà timonare la dinastia verso nuovi - e contempora­nei - business. Senza trascurare quelli più antichi ma assai redditizi, come dimostra l’opa su Atlantia lanciata in questi giorni, la prima grande operazione che reca la firma di Alessandro. Lui mantiene comunque l’attività di sempre nella finanza d’impresa, 21 Investimen­ti. Ma è come se avesse chiuso il cerchio, ricucendo un rapporto (negli affari) che si era lacerato nella breve esperienza - dal 2012 al 2014 - da presidente di Benetton Group.

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