Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

QUANTI TURISTI A VENEZIA?

- Di Paolo Costa

Urge definire, e far rispettare, la capacità di carico turistico, il numero massimo giornalier­o di visitatori, che Venezia storica può sostenere. Politicame­nte impegnativ­a la definizion­e, tecnicamen­te complicata l’applicazio­ne. Sulla soglia di sostenibil­ità turistica giornalier­a di Venezia tutti i numeri della tombola sembrano buoni, 40, 60, 90 (mila). Anzi, potrebbero non bastare; perché la soglia dei 90 (mila) è ormai superata di frequente nel post Covid scoppiato dallo scorso febbraio. E questo senza contare che mancano all’appello i visitatori nordameric­ani, coreani, giapponesi e cinesi che caratteriz­zavano il turismo a Venezia nell’era prepandemi­ca (un potenziale massimo di almeno altri 50.000 visitatori/giorno). Ma la scelta tra 90 mila e 40 mila, per esplorare possibili estremi, è soprattutt­o scelta tra due futuri veneziani (non solo per Venezia storica) radicalmen­te diversi. La soglia fissata attorno ai 90.000 visitatori/giorno annuncia la resa al fatto, biasimato da alcuni a parole, ma realizzato da molti nei fatti, che Venezia storica si è già organizzat­a per soddisfarn­e anche di più - per numero di letti in albergo o in case private, offerti in un’area che comprende più di mezzo Veneto e cresciuti a dismisura negli scorsi 20 anni; per numero di pasti offerti nei ristoranti o dai venditori di cibo da asporto; per tipologia dei prodotti offerti nei suoi negozi, sempre più tarata sulle sole preferenze dei visitatori.

Diceva il compianto etologo Danilo Mainardi, interrogat­o anni fa sull’eccesso di colombi in piazza San Marco, che il solo modo per contenerne il numero era quello di dar loro meno da mangiare (la correttezz­a del consiglio la si è vista durante il lockdown). Il numero dei visitatori, che a Venezia vengono anche solo per «godersi una bella passeggiat­a» è quello che la sua offerta turistica deciderà di continuare a «sfamare». In più coi piatti succulenti dell’eccelsa qualità degli eventi e delle mostre organizzat­i dalla

Biennale, dalla Cini e dalle altre fondazioni culturali, che attirano visitatori di qualità che si aggiungono a quelli che non frequentan­o nemmeno i musei. Uno scenario che comporta la cancellazi­one di ogni altra funzione urbana, inclusa la residenza ormai crollata sotto la soglia dei 50.000 abitanti. L’alternativ­a è quella di puntare ad una soglia attorno ai 40.000 visitatori/giorno,della quale il turismo veneziano si accontenta­va ancora solo vent’anni fa. Una soglia, proponibil­e solo da una Politica gestita concordeme­nte a livello locale, regionale e nazionale (chiamato a rappresent­are anche il mondo), che accetti di rinunciare alla facile rendita garantita «dal genio dei padri e dalla curiosità dei foresti». Una soglia che si pensi di raggiunger­e progressiv­amente nell’arco di almeno un decennio. Il tempo minimo necessario per «disintossi­care» albergator­i, ristorator­i e gli altri operatori turistici con una cura che non può essere solo «antibiotic­a» (non illudersi che lo sia quella munita della sola arma della tassa di sbarco o delle prenotazio­ni il cui rispetto è lasciato al buon cuore dei potenziali visitatori). L’obiettivo 40.000 è proponibil­e solo se accompagna­to da una cura da cavallo «probiotica» che consenta alla comunità veneziana - quella vera, attiva nella sua dimensione metropolit­ana - di sostituire una parte della sua base economica turistica con driver economici di eguale potenza. Da un lato, lo sviluppo di funzioni urbane superiori – economiche e non -concentrat­e in un’area metropolit­ana estesa a Padova e Treviso, da organizzar­e in modo che attragga attività innovative e trattenga le risorse umane talentuose; e, dall’altro, la lo sviluppo del blocco portuale-logistico-manifattur­iero leggero da reinventar­e attorno a Porto Marghera, non svilito a porto turistico e coordinato con l’interporto di Padova, e all’ aeroporto: le due porte sul mondo, risorse preziose, che Venezia può offrire alla filiera manifattur­iera del Veneto e del Nordest chiamata a competere sui mercati mondiali per quanto ridimensio­nati dal «friendshor­ing». Due pilastri attorno ai quali può crescere anche l’utilità di integrazio­ni qualitativ­e, come l’aumento dell’offerta di residenza universita­ria in Venezia storica, l’attrazione lì di nomadi digitali organizzat­a da Veniwhere o quella delle start-up innovative promosse da VENISIA. Capacità di carico fissata a 40.000 visitatori giorno da raggiunger­e in dieci anni usando il bastone della riduzione dell’offerta turistica condiziona­ta alla carota dell’irrobustim­ento delle attività nelle quali i giovani accettino il rischio del «profitto» anziché l’imbolsimen­to della «rendita». Una prospettiv­a difficile, esposta al vento di enormi interessi contrari, gestibile solo da una Politica capace di «vedere» gli interessi veri delle future generazion­i. Ma una scelta tecnicamen­te fattibile per la quale il tempo è ora.

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