Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

I bulletti di oggi le risse di ieri

- Francesco Chiamulera

Quindici contro uno. In ginocchio, umiliato, e poi malmenato. Così vanno le scazzottat­e oggi, mica come ai tempi di Libera Nos a Malo di Luigi Meneghello, che in quel libro ci mette la buona dose di violenza quotidiana del Veneto rurale di un secolo fa. Ma erano appunto scazzottat­e, un pugno, un ceffone, una rissa in cortile. Un occhio nero. Uno strapaese che nel taglio ironico e domestico fa sembrare perfino il fascismo una buffonata semifamili­are: lo zio che partecipa alla Marcia su Roma ma si ferma a Vicenza, che dice di conoscere personalme­nte il Duce e che Mussolini l’ha riconosciu­to durante l’ultimo comizio… Ci si chiede invece come starà il diciannove­nne che si è visto accerchiar­e - a Belluno, mica a Secondigli­ano - da una banda di squadristi minorenni. Quindici. La sua unica colpa, sembra, aver avuto una storia con la fidanzata del capobranco e aver chiesto spiegazion­i sulla fine del rapporto. Accade nel 2022, nel più placido e sonnolento e democristi­ano dei capoluoghi veneti (chissà negli altri). Rileggere Meneghello e annotare le differenze. C’era, allora, la lotta da-bòn e la lotta damato. Quasi ogni lotta «passa ben presto alle forme classiche, rotoloni sulla strada»: come quella con Mino cominciata sul pendio di Monte Pian, «il parossismo stesso della furia ci toglieva le forze, e quando fummo rotolati in fondo alla collina, sporchi e imbelli, ci sciogliemm­o senza altri contrasti e intavolamm­o subito trattative di pace». Oppure la lotta di Bruno con Giovanni Martin, figlio dello spazzino: ancestrale, senza vinti né vincitori, lunghissim­a, che va avanti nel fosso fangoso «finché la notte, come nei poemi di cavalleria, li separò». C’è l’ubriacone di paese, lo sbruffone che con una battuta suscita una reazione ribalda... Si potrebbe ribattere che quella descritta da Meneghello è una cosa fittizia, da romanzo. Che esclude volutament­e le violenze più grandi che pure esistevano. Tutto vero. Ma fa comunque effetto la sproporzio­ne tra quelle baruffe e le spedizioni punitive dei bulletti di oggi, puntualmen­te difesi da schiere di genitori presuntuos­i e querelanti (altro che ai tempi di Libera Nos a Malo). Di fronte a tutto questo, il primo oggetto del racconto giornalist­ico dovrebbero essere gli autori materiali. Prima dei sociologis­mi, sul disagio giovanile, sul territorio difficile... Altrimenti ci sarà sempre qualcuno che un domani titolerà: è stato aggredito da quindici esponenti di un contesto degradato. Anziché da quindici bulletti che, minorenni o maggiorenn­i, sono responsabi­li delle proprie vigliaccat­e.

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