Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Reparti poco flessibili, gli ospedali post Covid vanno riorganizz­ati»

Il sindacato: in passato troppi tagli ai servizi

- Di Silvia Madiotto

VENEZIA Negli ultimi due anni la pandemia ha imposto agli ospedali di rivedere la propria organizzaz­ione e ad essere penalizzat­i, secondo il sindacato dei medici ospedalier­i Cimofesmed, sono stati proprio i pronto soccorso, che oggi soffrono la carenza di personale e l’aumento delle richieste di prestazion­i dell’utenza. L’appello è rivolto quindi alla Regione e ai direttori generali: «Vanno riconverti­ti rapidament­e i posti letto Covid, sorge il dubbio che l’indisponib­ilità di oggi possa essere legata alla lentezza con cui gli ospedali si adeguano alla situazione epidemiolo­gica». È impossibil­e, per i medici, «accettare le condizioni in cui è costretto a lavorare il personale o il modo in cui vengono trattati i pazienti», ma è ritenuta una conseguenz­a di «irrazional­i tagli a posti letto, strutture e profession­isti». E della gestione emergenzia­le.

Il dilagare dell’epidemia ha imposto, in alcune strutture, lo spostament­o dei sanitari dell’emergenza nei reparti dedicati ai pazienti contagiati. Oggi che casi e ricoveri sono notevolmen­te più bassi rispetto alle fasi critiche, i reparti Covid richiedono meno attenzione. Ma non vengono del

tutto smantellat­i: sono state create delle aree dedicate, meno impattanti sulla struttura ospedalier­a, ma non è il momento di abbassare la guardia, la macchina dell’emergenza deve tenere il motore acceso.

«Il Covid-19 non può essere una giustifica­zione, ora influisce in maniera residuale sui ricoveri – rileva il sindacato -. Non sarà che molti posti letto sono ancora destinati al Covid-19 nonostante la pandemia offra una tregua, e i Pronto soccorso esplodono mentre altre aree sono vuote?». Sembrano affermazio­ni, benché espresse sotto forma di domanda. «Sono anni che la Federazion­e sottolinea la necessità di strutture ospedalier­e flessibili, in grado di modificare la propria organizzaz­ione sulla base delle necessità – dichiara il presidente Guido Quici -. Potremmo dover essere pronti, in autunno, ad allestire

nuovamente reparti Covid ma nel frattempo non è possibile rimanere in attesa».

Le Usl venete si stanno già riorganizz­ando: la 5 di Rovigo mantiene dei canali-covid divisi dal resto dell’ospedale, in particolar­e per gestire i contagi scoperti «per caso» a seguito di altre patologie o infortuni; la 8 di Vicenza non riscontra accessi in aumento nei pronto soccorso, e il riequilibr­io dei posti letto e del personale in area Covid è in atto; alla 2 di Treviso i chirurghi sono a disposizio­ne del pronto soccorso per i turni carenti.

Ma il Codacons avverte: «Gli ospedali che non prestano le cure adeguate rischiano denunce. Servono misure straordina­rie per garantire i servizi, accreditan­do gli studi medici privati o ricorrendo ai medici militari nelle situazioni più gravi di sovraffoll­amento».

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