Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«I partiti? Fuori moda E le liste proliferano per carenza di soldi»
Ventiquattro liste, nove candidati sindaco a Padova. E nessuno di questi, nemmeno i due contendenti principali, neanche l’uscente Sergio Giordani e lo sfidante del centrodestra Francesco Peghin, che si presenti ai nastri di partenza come espressione dei partiti. Che pure ci sono e, nonostante tutto, pesano. «Cosa vuole sospira Paolo Feltrin, politologo - le mode esistono anche in politica. E questo è il momento in cui i partiti sono partiti. Cioé andati. Non hanno appeal». Succede così che l’imprenditore Peghin faccia ogni sforzo per presentarsi pubblicamente come l’imprenditore che sceglie di mettersi in gioco autonomamente e incontri per strada la coalizione di centrodestra, compatta, almeno qui a Padova, a suo sostegno. «Ma guardi che succede ovunque - riprende l’ex docente all’università di Trieste - lo stesso Giordani tende sempre a sottolineare la sua natura di sindaco fuori dalle logiche degli schieramenti politici». È sembrato un fattore positivo alla prima elezione cinque anni fa, e la narrazione continua. «E anche a Verona, tanto per citare l’altra grande città veneta al voto, l’ex calciatore Damiano Tommasi ci tiene moltissimo a presentarsi come candidato civico». Quanto alla proliferazione delle liste, ben ventiquattro alle comunali padovane, l’interpretazione è facile: «È un modo per far campagna elettorale spendendo meno quattrini. Più gente c’è a riempire le liste, più cittadini si crede di coinvolgere, o almeno ci si prova. Senza dover spendere le grandi risorse necessarie a catturare l’attenzione degli elettori».