Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ogni anno chiudono dieci asili paritari e iniziano a soffrire anche i licei privati
L’appello della Fism: «Dallo Stato servono almeno 30 milioni Le bollette di luce e gas hanno squassato i nostri bilanci»
Cinquanta scuole paritarie dell’infanzia cancellate in Veneto nell’ultimo lustro. E cominciano le prime avvisaglie dell’onda lunga della denatalità anche nelle prime elementari. Per la precisione, per l’anno scolastico ‘22-’23 il Miur ha già certificato 11 scuole dell’infanzia chiuse, due elementari (Pontelongo e Padova), una scuola media (Padova) e due superiori (l’istituto tecnico con indirizzo meccanico Cavanis-canova a Possagno e il liceo Europeo Brandolini Rota di Oderzo oltre ad altri due licei che riducono gli indirizzi (al Pio X di Treviso e all’aleardi di Verona). Certo, colpa dell’indice demografico in caduta libera ma il ritmo delle chiusure è diventato ormai assordante, soprattutto negli ultimi tre anni. La pandemia prima e la crisi energetica poi hanno definitivamente messo in ginocchio le scuole paritarie.
L’impatto maggiore è, naturalmente, sulle scuole dell’infanzia. E, considerato che, nel «Veneto bianco», l’asilo parrocchiale è figlio di una lunghissima tradizione e che due bimbi su tre in età da scuola dell’infanzia frequentano proprio un asilo parrocchiale, la Fism, associazione di categoria, pone a gran voce la «questione veneta» e un aiuto dallo Stato che si aggira fra i 30 e i 40 milioni. «A livello regionale la media degli ultimi 5 anni, - conferma il presidente di Fism, Stefano Cecchin - è di circa 10 scuole dell’infanzia chiuse anno dopo anno, con punte di 12. Fino al 2017 si arrivava al massimo a 7-8. La storia è sempre la stessa: si inizia con 2-3 sezioni in meno e poi si arriva alla chiusura». Pesante anche il bilancio sul fronte occupazionale: un centinaio di posti di lavoro persi l’anno, 10 a scuola a fronte di mille-mille e cinquecento bambini in meno.
Si «salvano», per ora, i nidi. Certo, la denatalità fa il suo corso ma data un’offerta ben più risicata - il 25% contro il 30% obiettivo di Lisbona - i nidi privati sono pressoché saturi. «I nidi, infatti, non sono in sofferenza, - conferma Cecchin - e il “bonus nido” ha dato una mano alle famiglie. Il vero tsunami si è abbattuto, invece, sulla scuola dell’infanzia. E ormai anche sulla primaria. Certo, prima di chiudere ,che so?, l’asilo di Murano, l’unico dell’isola, ci batteremo con le unghie e con i denti e questo vale per tutte le isole e per alcune aree isolate di montagna ma ormai il fenomeno si sta allargando a macchia d’olio e, per alcuni istituti comprensivi, dato il calo di iscrizioni, si rischia di perdere il numero minimo di studenti con la conseguenze perdita della reggenza, e quindi del dirigente scolastico».
L’equazione è implacabile: meno iscrizioni, famiglie in difficoltà a causa della crisi e costi di gestione schizzati alle stelle. «Su quest’ultimo punto i numeri parlano da soli. - attacca ancora Cecchin - Con le utenze è un disastro. Il +140% sulla luce e il +100% sul gas ha scassato i bilanci. E lo Stato ci ha messo zero lire. Sia lo scorso anno che nel 2022. Mediamente, di solo gas, abbiamo fra i 6 e i 10 mila anno di bollette a seconda che la scuola sia in pianura o in montagna».
La gestione della denatalità, dicono le scuole paritarie, è ovviamente fondamentale. E la traduzione è, molto semplicemente, un ridimensionamento dell’offerta scolastica. Ma resta scottante il tema di luoghi in cui l’asilo parrocchiale è, di fatto, l’unica opzione per comunità più isolate. «Qui, stiamo chiudendo delle realtà che dovrebbero restare aperte. - si accalora Cecchin Perché in quel comune c’è solo quella scuola dell’infanzia. Citavo i casi delle isole ma la percentuale di comuni veneti in cui l’unica scuola dell’infanzia è quella paritaria arriva al 45%. E la scuola dell’infanzia è, tipicamente, scuola di prossimità. A essere più in sofferenza
” Cecchin (Fism) Difenderemo fino all’ultimo l’unico asilo di Murano, per fare un esempio, ma ormai sono in sofferenza anche le periferie urbane
Senza opzioni Nel 45% dei comuni in tutta la regione esiste una sola scuola dell’infanzia (paritaria)
sono, così, gli asili delle periferie e delle frazioni. A Murano, lo ripeto, non vogliamo chiudere, ma serve un aiuto dallo Stato. In Veneto mancano all’appello dai 30 ai 40 milioni. Regione e Comuni fanno già la loro parte». La Fism fa due conti e afferma di far risparmiare allo Stato 400 milioni l’anno. «In regione - conclude Cecchin - abbiamo 73 mila bimbi nelle nostre scuole dell’ infanzia. Il costo a bambino in un asilo statale è di 7000 euro l’anno, da noi 3000. Quei quattromila euro di differenza a bambino ogni anno diventano quasi 300 milioni a cui aggiungere la manutenzione e le spese. Ora, non pretendiamo 400 milioni, ma dai 30 ai 40 per sopravvivere».
Va un po’ meglio dalle elementari in su. Chiara Cavaliere, Fidae (associazione di categoria per le paritarie dalle elementari in su), fa un bilancio: «Piccole riduzioni alla primaria, nell’ordine del 3% e tutto sommato bene per medie e superiori, anzi, con piccoli incrementi dovuti alla prontezza di attivazione della Dad e a come le famiglie sono state seguite».