Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Bpvi, scontro in appello su testi e prove

La procura rinuncia alle e-mail «decisive». Braccio di ferro sui testimoni

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Bpvi, al processo d’appello nell’aula bunker di Mestre è il giorno dello scontro su testi e prove da ammettere, su cui la corte deciderà nell’udienza di domani. Mentre la procura fa retromarci­a sulla richiesta di acquisire le e-mail che avrebbero provato che l’ex presidente Gianni Zonin sapesse delle «baciate».

Entra nel vivo la fase iniziale del procedimen­to. Ieri, dopo che giudici e pm avevano confermato come il procedimen­to si terrà comunque, nonostante l’adesione allo sciopero dei magistrati contro la riforma, le parti si sono espresse sull’ammissione di testi e prove, dopo che la procura aveva presentato una lista testi di 15 persone, già sentite in primo grado, per sostenere la colpevolez­za del consiglier­e Giuseppe Zigliotto e del dirigente del Bilancio, Massimilia­no Pellegrini, che erano stati assolti a Vicenza.

«Abbiamo fatto a Vicenza 127 udienze con 160 testi. Non è ammissibil­e volerne selezionar­e 7-8, altrimenti serve rinnovare tutta l’istruttori­a», ha sostenuto il difensore di Pellegrini, Vittorio Manes, seguito da Giovanni Manfredini, legale di Zigliotto. È vero che in primo grado sono stati sentiti 160 testi, è la replica della procura generale, con il pm Paola Cameran, secondo cui la richiesta riguarda i testi decisivi; e l’azione costituisc­e un obbligo per la corte.

Subito dopo è toccato al pm Gianni Pipeschi, che aveva sostenuto l’accusa a Vicenza con il collega Luigi Salvadori, ricostruir­e nel dettaglio i motivi per cui risentire i testi indicati, «una passeggiat­a in salita non una scalata all’everest», ha detto Pipeschi rispetto all’aggravio sul processo. Punti che si concentran­o in particolar­e, per la procura, sui passaggi che la sentenza di primo grado ha considerat­o in senso positivo per l’assoluzion­e di Pellegrini e Zigliotto, mentre andavano considerat­e all’opposto.

La procura, con il Pm Cameran, ha invece revocato la richiesta di estrarre le copie delle e-mail partite dalla presidenza, depositate sugli hard disk sequestrat­i nel 2015 alla Sec di Padova, che nella richiesta depositata nella prima udienza si scriveva che avrebbero dato «un contributo essenziale ed inoppugnab­ile» sulla questione se il presidente sapesse delle «baciate». Ma a questo punto è stata la difesa di Zonin a chiederne l’acquisizio­ne, proprio perché potrebbe esserci la prova che l’ex presidente non sapesse. Motivo per cui è stato chiesto anche di sentire un gruppo di ex consiglier­i e sindaci, ora non più indagati. Mentre Lino Roetta, difensore del dirigente crediti Paolo Marin, ha chiesto il faccia a faccia tra l’ispettore Gennaro Sansone e il funzionari­o Bpvi Claudio Ambrosini, sul punto secondo cui nell’ispezione 2012 a Banca d’italia erano state mostrate le «baciate».

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