Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I calci in faccia gli insulti e le sevizie «Se Lidija non torna io ammazzo tutti»
Vasiljevic l’aveva minacciata di morte più volte
Capitava che le stringesse le mani attorno al collo, scaraventandola a terra e schiacciandole il ginocchio sul costato, e una volta a terra, la prendesse a calci in faccia. Succedeva che la gettasse sul pavimento del garage e le premesse il piede, con la scarpa da lavoro, in faccia. Tra urla e minacce di morte, in un’occasione puntandole anche contro un coltello. Coltello che in un altro episodio le aveva messo in bocca, prendendola poi per il collo, sollevandola di peso e buttandola subito dopo sul pavimento. E c’è stata pure la volta in cui Zlatan Vasiljevic, suo marito, l’aveva trascinata sotto la doccia gelida, tenendole aperta la bocca a forza, per farle ingoiare dei farmaci tranquillanti.
È tutto agli atti nelle denunce che Lidija aveva presentato fin dal 2018 e nei due fascicoli aperti dalla procura (per uno è già definitiva la condanna). Ma l’incubo, per la donna, piccola e minuta rispetto a quell’omone che spesso, anche a causa dell’alcol, si trasformava in un mostro, era iniziato anni prima. «Dopo qualche anno di matrimonio (avvenuto nel 2005 ad Altavilla Vicentina ndr) sono iniziate le prime discussioni nel corso delle quali venivo umiliata con offese quali “che io non sono al suo livello, che non sono abbastanza intelligente, che sono una put..”» ha fatto mettere nero su bianco la donna, una volta dai carabinieri di Schio, nella sua prima denuncia del 12 marzo 2018, dopo una notte movimentata in cui erano intervenuti in suo aiuto anche il papà e fratello che erano stati a loro volta aggrediti e minacciati di morte. Dal 2011, stando al racconto della vittima, erano iniziate le prime violenze fisiche di Zlatan. In un climax che ha portato in più occasioni Lidija ad aver bisogno di cure mediche.
«A una festa, mio marito ubriaco, mi schiaffeggiava, mi torceva il braccio (tanto da andare poi in ospedale ndr) e mi metteva alla porta coi figli». Il giorno dopo però – continua la donna - «mi chiese perdono e mi disse che non avrebbe fatto altri gesti simili». Peccato che l’allora camionista non abbia mantenuto fede a quella promessa. Forse quelle stesse parole le ha usate per convincere la moglie a fargli visita anche quando, nel 2019, era agli arresti domiciliari, accusato pure di violenza sessuale (accusa poi caduta in tribunale).
Ma facciamo un passo indietro. Le prime querele della moglie, presentate ai carabinieri, sono del 12 e 28 marzo 2018 (accuse formalizzate anche dai parenti di lei), terrorizzata che l’uomo potesse concretizzare le minacce di morte di cui era stata più volte oggetto. «Se Lidija non torna a casa io uccido tutti» aveva annunciato il bosniaco dopo il movimentato episodio della notte prima in cui aveva messo moglie e figli alla porta. «Uccido te, i tuoi genitori, parenti, i nostri figli, vi taglio a pezzi» ancora. E tempo addietro, sempre al telefono: «Vi sgozzo tutti, hai capito?».
Il quarantenne, anche su richiesta dei legali della donna, era stato allontanato dal giudice con l’ordine di stare lontano dalla compagna e, accusato di maltrattamenti in famiglia (per episodi dal 2012 al 2018), era finito a processo. Un processo che è ancora in corso in tribunale a Vicenza e che era ormai agli sgoccioli, con la difesa che ha anche chiesto la possibilità di patteggiare in continuazione con la condanna già diventata definitiva (richiesta alla quale si sono opposti i difensori dei parenti, gli avvocati Stefano Peron e Ilaria Marini).
Condanna, quest’ultima, arrivata al terzo grado, a un anno e sei mesi di reclusione sempre per maltrattamenti e lesioni alla donna. Vessazioni e violenze tra le quattro mura avevano ridotto Lidija «in penosissime condizioni di vita – riporta il capo di imputazione – fino a condurla ad un grave strato di prostrazione che la costringe a vivere nel timore che lui possa ucciderla». Era il 2019. I due coniugi dopo lo «strappo» dell’anno prima avevano riallacciato i rapporti, ripreso la convivenza. Forse ancora una volta con l’illusione, da parte di lei, che il padre dei suoi figli potesse essere cambiato. Ma quel compagno, anche se già rinviato a giudizio per gli altri fatti, si è rivelato recidivo. Aveva continuato a minacciarla in modo pesante – «ti uccido, ti cavo gli occhi» le intimidazioni – ma anche a controllarla e aggredirla, anche di fronte ai figli, e pure a stuprarla, così come da contestazioni della procura. A fine processo però per l’imputato, assistito dall’avvocato Alessandra Neri, era però venuta meno l’accusa di violenza sessuale. Quella formalizzata in querela da Lidija nel 2019 che aveva portato l’autorità giudiziaria a far scattare l’arresto. Il 27 marzo 2019 Vasijevic era infatti stato portato in carcere a Vicenza e dopo la convalida, dal 4 aprile, ristretto ai domiciliari. Periodo durante il quale la 40enne si sarebbe fatta ancora una volta assoggettare da quell’uomo che aveva sempre trovato il modo di imporsi. E infatti era capitato che Lidija gli facesse visita a casa, mentre era ai domiciliari, e con lei i figli, tanto che dopo la segnalazione dei servizi sociali era arrivata la decisione del tribunale dei minori di Venezia che sospendeva per un tempo limitato la responsabilità genitoriale alla mamma.
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Il delirio dopo l’ennesima lite Uccido te, i tuoi genitori, i parenti, i nostri figli, vi taglio a pezzi. Vi sgozzo tutti, hai capito?