Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Da Boldrini a Stefani: «Norme più severe va inasprita la legge»

- Martina Zambon © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Il «Codice rosso», pacchetto di misure contro violenza domestica e di genere, doveva servire a contrastar­e la tragedia senza fine dei femminicid­i. Il film dell’orrore di ieri, a Vicenza, però, conferma che neppure i severi inasprimen­ti varati nel 2019 sono bastati. Un fronte bipartisan delle parlamenta­ri venete chiede che quella legge sia cambiata rendendo più duro il regime carcerario per i colpevoli ma anche, e soprattutt­o, facendo applicare quelle ordinanze restrittiv­e che dovrebbero scongiurar­e il peggio. Un tema di cui il parlamento sta già discutendo, lo ricorda la deputata del M5s Francesca Businarolo: «Si è votata recentemen­te una mozione. Chiarament­e servono correttivi al codice rosso: la fase punitiva va inasprita, per chi ammazza il coniuge deve scattare l’indegnità, cioè l’impossibil­ità di ereditarne i beni ma, soprattutt­o, va eliminata la possibilit­à di godere di sconti di pena e permessi per buona condotta. Certo, poi c’è la questione culturale che deve tradursi in prevenzion­e a partire dalla scuola e in formazione alle forze dell’ordine».

Insiste sulla necessità di vigilare sull’applicazio­ne delle misure restrittiv­e l’ex presidente della Camera Laura Boldrini: «È necessaria che la misura restrittiv­a, e quindi preventiva, sia messa in atto puntualmen­te. Le leggi funzionano se tutti contribuis­cono. Serve uno sforzo collegiale degli organi dello Stato perché troppo spesso si sottovalut­ano i segnali della violenza. Invece, se un magistrato dispone certe misure cautelari devono essere applicate. Negli anni abbiamo cercato di agire su più livelli introducen­do nuovi istituti e inasprendo le pene ma se ogni 3 giorni una donna viene ammazzata da chi dovrebbe amarla è chiaro che le leggi non bastano. Dobbiamo fare molto di più anche dal punto di vista della prevenzion­e e dell’aspetto culturale. Ai delitti si arriva partendo dalla dipendenza economica e dallo svilimento della donna».

Un’altra donna di centrosini­stra, la dem Alessia Rotta alza l’asticella: «Il codice rosso non basta, occorre fare un ulteriore passo su norme insufficie­nti. Non ha colmato i vuoti normativi e di tutela ancora presenti nel nostro ordinament­o». E poi, nuovamente, la radice del problema che Rotta riassume così: «È un fenomeno struttural­e, che affonda le sue radici in una profonda e persistent­e disparità di potere tra uomini e donne e in una organizzaz­ione patriarcal­e della società. Per questo è sbagliato continuare a parlare di emergenza». Non ha dubbi, infine, la ministra vicentina Erika Stefani che di mestiere fa l’avvocato: «È ovvio che la legge dovrà essere rafforzata: norme severe, pene certe, organici di polizia adeguati e lavoro sugli “anticorpi sociali” per cogliere i campanelli d’allarme. Solo così si potrà iniziare a

Erika Stefani Alle donne dico: trovate il coraggio, denunciate sempre

combattere questo orrore. Infine, ma non per importanza, alle donne che tacciono anche un solo schiaffo, e ne conosco troppe, dico: denunciate. Tutte devono avere il coraggio di alzare la testa e sporgere denuncia».

E la senatrice Roberta Toffanin, FI, riassume: «Il codice rosso è servito a smuovere le coscienze, ma all’atto pratico ha manifestat­o tutte le sue lacune. Quando una donna denuncia deve avere immediatam­ente le garanzie di massima tutela da parte dello Stato. Il divieto di avviciname­nto, se violato, dovrebbe far scattare con immediatez­za provvedime­nti ancora più restrittiv­i».

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy