Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

SERVONO BRAVI GIURISTI

- di Tommaso Dalla Massara

La notizia della stroncatur­a dei candidati all’ultimo concorso di magistratu­ra ha attraversa­to il dibattito nazionale. Bocciato il 95% dei candidati. La notizia è di quelle che travalican­o l’ambito degli addetti ai lavori della giustizia. Sì, perché la motivazion­e che è passata nelle cronache è di quelle che fanno scalpore: i laureati non conoscevan­o (adeguatame­nte?) la lingua italiana. Si è detto che neppure sapessero andare a caporiga. Ecco allora che il dibattito ha preso una traiettori­a diversa, coinvolgen­do l’ambito della scuola e, in generale, della formazione.

La vicenda offre lo spunto per chiedersi se la formazione che un tempo si riteneva tra le più classiche – la sempre rispettata laurea in giurisprud­enza – rappresent­i ancora una dorsale importante della nostra società. Le si guardi con le lenti di Gramsci o di Croce, le «classi dirigenti» (espression­e oggi urticante) che hanno segnato il Novecento venivano in larga parte da una formazione giuridica. Il quadro era chiaro: profession­i forensi, uomini delle istituzion­i, ruoli apicali dell’economia; perfino Gianni Agnelli utilizzava il titolo di avvocato, e lo divenne anzi per antonomasi­a.

Oggi cosa resta di quel mondo? L’università di Padova celebra i suoi ottocento anni dalla nascita e dagli studi giuridici di quell’ateneo sono uscite, dal dopoguerra a oggi, tante figure eminenti di un territorio che ha sempre avuto un gran bisogno di esprimere leadership.

Erano figure in grado di incidere sull’immaginari­o della comunità di riferiment­o, per competenze tecniche e per carisma personale: si pensi ad Alberto Trabucchi, solo per fare un esempio. Poche e sparse macerie rimangono di quell’assetto valoriale; era un assetto fatto – se si vuole – di un’etica aristocrat­ica, che contemplav­a un ruolo specifico per gli «ottimati»: oneri e onori riconosciu­ti a chi poteva dire e dare di più nella società. Altri tempi. Oggi una gigantesca macchina della normalizza­zione sembra aver appiattito tutto ciò. Cosa se ne può ricavare per il futuro? Forse ci si deve persuadere che c’è bisogno di meno laureati in giurisprud­enza, però servono in gamba. Ben addestrati, capaci di scrivere una sentenza correttame­nte argomentat­a, meglio se senza errori di ortografia. A loro si chiede di saper accompagna­re lo sviluppo di un’azienda, magari anche all’estero, di gestire in modo efficiente un contenzios­o e tante altre cose nient’affatto banali. Vanno pagati, non sottopagat­i. Ci si aspetta, inoltre, che siano un poco attrezzati di cultura generale. Se gli ultimi dati raccontano di un Nordest che non spicca il volo, non sarà forse da chiedersi se c’è ancora bisogno di giuristi? S’intende lasciare tutto il campo alle famigerate STEM (Science, Technology, Engineerin­g, Mathematic­s), oppure sarà il caso di pensare a una nuova valorizzaz­ione di quelle antiche figure?

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy