Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Salvini e Meloni, l’abbraccio sul palco per lanciare Sboarina e dimenticar­e tutti i dissidi

Verona, la tregua tra i due big del centrodest­ra. Zaia fa il mattatore

- Lillo Aldegheri © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VERONA Tutti insieme appassiona­tamente. O quasi. Nel cuore di Verona, in una piazza piena di gente (più o meno tremila persone) e di bandiere (derby in pareggio tra quelle di FDI e quelle leghiste) si è celebrato ieri sera il rito della pacificazi­one tra Matteo Salvini e Giorgio Meloni, impegnati entrambi per la rielezione a sindaco di Federico Sboarina.

Impegnati a tal punto da salire assieme sullo stesso un palco, nonostante le tensioni e i bisticci nazionali. Accanto a loro, terzo celebrante del rito, e non meno importante sul piano elettorale, Luca Zaia. E poi Maurizio Lupi (Noi Con l’italia), Antonio De Poli per l’udc, più un video del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Messaggio ai veronesi: siamo tutti qui, non credete a chi dice che litighiamo, il centrodest­ra è questo, punto e stop. A dire il vero, un pezzo dell’alleanza è da un’altra parte, 3 chilometri più in là, dove Flavio Tosi ha convocato Forza Italia assieme alle sue liste civiche e ai renziani di Italia Viva. Ma Sboarina ripete il suo mantra («se un giocatore del Verona decide di giocare con gli avversari, non è che ci sono due Verona: c’è solo qualcuno che gioca con gli altri»).

La serata parte in ritardo (Salvini arriva da Monza, la Meloni da Padova) e con un po’ di caos sul palco, invaso dai fotografi (e Giorgia sibila che «c’è della disorganiz­zazione», facendo tremare i suoi colonnelli e il regista della serata, che è Gian Marco Mazzi). Poi tutto si accomoda, e si parte. Salvini arriva mentre parla Giorgia, lei s’interrompe e lo abbraccia stretto stretto. Bandiere e ovazioni, qualcuno grida «bacio, bacio» come ai pranzi di nozze. Lei, si schermisce: «Poi scriverann­o che siamo come Giulietta e Romeo, ma non faremo la stessa fine». Lui le ricorda che ha una signora che lo aspetta a casa.

Aria da festa in famiglia, insomma. Fa piuttosto caldo, ma potrebbe essere un pranzo di Natale, dove fa brutto ricordare ai parenti che nelle scorse settimane s’era litigato. Sale sul palco anche Zaia, e via con gli abbracci. Poi i discorsi, e lì escono i caratteri di ciascuno. Giorgia dà spettacolo, balla al ritmo degli applausi, risponde alle prime file («M’hai detto bella? Di solito mi dicono brava: tu devi venire più spesso con noi...»). Salvini disperde i dubbi di qualche leghista («Su questo palco c’è una coalizione che governa il Veneto, che guiderà Verona e che, dall’anno prossimo, assieme a Forza Italia, governerà l’italia). Poi torna sulla polemica per quel «capofamigl­ia» nelle buste indirizzat­e ai veronesi: «La sinistra s’indigna per queste cose, ma davvero? Non ha altri argomenti? O ha paura della parola famiglia? Io dico viva la mamma e il papà. E parliamo di cose serie, per favore».

Giorgia rincara la dose, con un filo di romanesco: «La sinistra vuol darci la patente di democrazia? Io la patente l’ho presa per guidare, con quella di Bonaccini e degli altri delpd me ce incarto la pizza...». Ovazione. Tocca a Zaia, cui viene lasciata la pre-chiusura. E lui se la gioca da maestro. Battute in dialetto ed elogi a Sboarina: «Dovete essere orgogliosi di questo sindaco, io ci ho lavorato per 5 anni, insieme a lui, dopo il tremendo periodo del Covid, abbiamo riaperto per primi un teatro come l’arena, abbiamo riaperto per primi la Fiera, abbiamo ottenuto Verona Olimpica, con una candidatur­a che era stata osteggiata dai veronesi del centrosini­stra: fidatevi di lui, andate a convincere gli indecisi». Ovazioni (l’applausome­tro lo vede vincere sugli altri due protagonis­ti, e non è poca cosa). Poi il tocco finale. Finge di aver chiuso, riprende il microfono e sussurra: «Non deludetemi». Più gigione di Gassman. E il suo popolo va in delirio. Sboarina chiude con un filo di cattiveria: «Grazie Giorgia, grazie Matteo, grazie Luca: e ricordatev­i che Verona in passato andava sui giornali per gli arresti e le indagini, oggi ci va per le Olimpiadi e per la sua rinascita». Bandiere al vento. Sul parco, altri abbracci. I carissimi nemici hanno fatto pace. Almeno fino a lunedì.

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