Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
La società dimagrita e gli ultimi italiani
Tra mezzo secolo solo una regione italiana crescerà di abitanti, il Trentino Alto Adige, grazie soprattutto a Bolzano, paradossalmente la meno italiana delle province. Tutte le altre regioni si spopoleranno, chi più (il Mezzogiorno, in modo drammatico) e chi meno (nell’ordine Emilia, Lombardia, Veneto). Così il nord-est è l’area geografica italiana nella quale la perdita di popolazione tra mezzo secolo sarà più contenuta: «appena» il 10 per cento in meno.
Ma non è una grande consolazione. Infatti il Veneto avrà 630 mila abitanti in meno di oggi (come se scomparissero i tre quarti delle province di Vicenza o Treviso), in pratica ritornando ai livelli della popolazione che ospitava alla metà degli anni settanta. Detto così si potrebbe perfino dire: meglio, meno affollamento, meno traffico, meno cementificazione, meno impatto ambientale. Solo che la differenza con gli anni settanta non sarà solo questa. Troppo semplice. In realtà cambieranno – stanno cambiando – profondamente diverse coordinate demografiche e culturali: avremo sempre meno giovani (già oggi i nati in Veneto sono la metà di quelli nati alla metà degli anni settanta) e sempre meno coppie intenzionate a fare figli (dal figlio unico a zero figli, questa è la tendenza). In secondo luogo avremo sempre più anziani longevi, con tutte le fragilità che ciò comporta (ricordiamoci la lezione della pandemia). Infine saremo sempre più dei “senza famiglia” (per riprendere il titolo del famoso romanzo ottocentesco di Hector Malot), dato che crescono le famiglie monopersonali – che famiglie non sono – mentre si contraggono quelle (vere) con figli. Il risultato è una società dimagrita, con una immigrazione insufficiente, verticale (nonni, genitori, figlio), povera di parentele e quindi di legami, tendente ad una visione individualistica della vita. Con case piene di elettronica e di animali d’affezione ma sguarnite di persone. Insomma spopolate, o in via di spopolamento come tutto il territorio regionale (con Belluno in primis). Ecco gli “ultimi veneti”, o i penultimi, per essere ottimisti.