Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Freno ai nostalgici, volti nuovi e coerenza: così gli eredi di An sfondano in terra autonomista
I meloniani insidiano la Lega e ormai puntano a palazzo Balbi. L’appeal sulla società civile, dagli architetti ai commercialisti passando per un biologo Pressing da Roma su Sboarina: «Scenda a compromessi con Tosi»
La fiamma FDI, ormai, arde brillante anche in Veneto. Quei numeri a doppia cifra persino in aree rosse come la Riviera del Brenta e il Miranese (ma del resto era già chiaro dopo Chioggia, lo scorso anno) non lasciano spazio a interpretazioni. I Fratelli d’italia in Veneto hanno lanciato ufficialmente il guanto di sfida alla Lega per dare l’assalto a palazzo Balbi nel post Zaia. E la Lega lo sa.
Certo, l’algido Federico Sboarina non ha scaldato i cuori dei veronesi al punto da scongiurare un ballottaggio rischioso con Damiano Tommasi ma la «colpa», vista dai meloniani, è delle lotte intestine alla Lega e dei suoi conti in sospeso con l’ex Flavio Tosi. Giorgia Meloni, a un passo dal portare a casa un «suo» sindaco, ha già iniziato un pressing fortissimo per arrivare a un accordo con Tosi. Sul campo opera l’uomo forte in riva all’adige, quel Ciro Maschio che non ha tempo per commentare, l’obiettivo militare è tirare a bordo Tosi. Il sospetto, nella «polveriera centrodestra», è che il Carroccio, sconfitto a Padova, non piangerebbe poi troppo per una Verona assegnata a Tommasi con un colpo sotto la cintola agli insidiosi FDI.
I lanciatissimi Fratelli, però, sono prudenti. Evitano di stuzzicare, almeno fino al 26 giugno, gli alleati. E quanto alla Regione professano calma e sangue freddo. Certo, sussurra qualche anonimo generale «se fra un anno, alle politiche dovessimo confermare questi risultati, sarebbe uno scenario simile al 2008 quando la Lega chiese e ottenne da Berlusconi alcune Regioni del Nord». Un parallelo da brivido perché è come dire che il ciclo Zaia sta finendo (con le debite differenze) come si chiuse il ciclo Galan. Si dichiara «moderatamente stra-felice» Raffaele Speranzon, capogruppo a palazzo Ferro Fini: «Siamo arrivati a questo risultato con un lavoro che parte da lontano, iniziato 10 anni fa e ora ne stiamo raccogliendo i frutti». Speranzon aggiunge: «Abbiamo costruito negli anni una classe dirigente di persone che senza scalpitare hanno scelto di accompagnarci anche quando era una traversata del deserto. Ora, invece, abbiamo Christofer De Zotti che se la gioca a Jesolo. A Mira abbiamo fatto due consiglieri con il 9%, davanti la Lega. A Mirano addirittura il 13,7%. Il 13% anche a Marcon. Per noi la coalizione è importante ma non si potrà prescindere da quello che è un dato incontrovertibile...». Che sia l’«effetto Giorgia»? Sì e no. O, meglio, sì su dei piani diversi. Perché c’è l’appeal della leader che ha costruito un profilo di destra moderna archiviando le nostalgie del Ventennio (o, per lo meno, limitandole parecchio) e c’è l’impostazione della leader che ha ordinato, perentoria, un lavoro di paziente radicamento sul territorio. Un giardino di volti nuovi e credibili che il territorio ha imparato ad apprezzare. Il caso De Zotti è paradigmatico: la giovinezza in Azione Giovani, 5 anni all’opposizione in Comune e ora la possibilità di diventare sindaco a 35 anni. Che FDI sia ormai sdoganata l’attestano i nomi delle liste. A Belluno, ricorda il coordinatore regionale, Luca De Carlo, mister preferenze è il capogruppo uscente Raffaele Addamiano, persino fra le macerie patavine i tre consiglieri uscenti di FDI sono stati confermati. A Mira e Mirano, dove di uscenti non ce n’era manco uno, ha fatto il miracolo Matteo Baldan che, con il circolo locale, ha fatto breccia nelle roccaforti rosse del Veneziano. In lista, ormai, ci finiscono, come a Belluno, un imprenditore e designer come Giorgio Pirolo della Frangivento. A Jesolo c’erano un
biologo come Andrea Tomei e un architetto come Luca Perissinotto e, fra gli altri un commercialista, Alessandro Cattelan. De Carlo conferma: «siamo un partito “che tira” ma anche con tanto radicamento sul territorio». Cambiano anche le parole d’ordine che sfondano in terra autonomista: non più solo sicurezza ma anche attenzione alla natalità, trasparenza nei conti pubblici e sociale. Della destra sociale che è sopravvissuta fin qui in Veneto a mo’ di avamposto si è pescato il meglio.
E i risultati hanno la forma delle percentuali. A Jesolo FDI è al 12,5 che diventa un 30% con le 4 civiche. Seguono Forza Italia al 10 e la Lega al 9. Ai tempi d’oro (per così dire), quando An in Italia era al 15%, nel Veneto occidentale si oscillava fra il 9% e il 10, nel Veneto orientale se andava bene si arrivava all’8. FDI sta già facendo meglio.