Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Coalizione, l’eredità in frantumi a sinistra è rimasto il (quasi) nulla
PADOVA Che fine ha fatto la sinistra-sinistra in città? Dal 22,8%, percentuale guadagnata nel 2017 dall’ex candidato sindaco Arturo Lorenzoni, che determinante per la vittoria di Sergio Giordani contro Massimo Bitonci, oggi quel voto si è frammentato in una manciata di percentuali a una cifra che contano poco o niente sia dentro che (soprattutto) fuori dalla compagine che ha sostenuto il sindaco.
Che ne è stato di quel grande movimento civico? Diviso, come spesso accade in questa famiglia politica, dove vige la regola del «c’è sempre qualcuno più a sinistra di te» e quasi sempre ti fa la guerra. I numeri. Coalizione Civica che nel 2017 aveva portato a casa un solido 11,45 % oggi si ferma al 5,9%. Pesa il distacco dei Verdi (1,9%), che pur hanno sostenuto Giordani, pesa l’allontadi Rifondazione comunista che ha appoggiato Luca Lendaro e che ha riportato l’1,9%, pesa anche il distacco di Articolo 1 che è confluito nel Pd. Messe insieme tutte le percentuali probabilmente si sarebbe arrivati vicini al 10%.
L’altra gamba di quelli che cinque anni fa sostennero Lorenzoni è la lista di Orizzonti, scissa in Padova Insieme con Giordani Sindaco con l’assessora Francesca Benciolini, che ha guadagnato un considerevole 3,6% e la candidata sindaca Francesca Gislon, con il suo misero 1,4%. Difficile fare i conti di dove si sia perso l’11% guadagnato da quella compagine nel 2017, di sicuro ha pesato il «tradimento» di Lorenzoni, che ha sponsorizzato la Gislon, figura risultata debole, provocando maldipancia anche in Coalizione. «Inutile dire che questa frammentanon giova a nessuno dice Andrea Ragona di Coalizione civica, assessore uscente -. Paghiamo il nostro pragmatismo, abbiamo deciso di essere operativi e spostare il baricentro del Pd un po’ più a sinistra. Tra essere radicali e non fare nulla, e fare un compromesso per contare qualcosa, abbiamo scelto questa seconda strada».
La «pasionaria» Daniela Ruffini di Solidarietà-ambiente, Lavoro e Rifondazione, non si sposta di un millimetro: «Coalizione si è appiattita sul Pd, e noi non stiamo con chi cambia idea sull’ospedale, su Leroy Merlin e sulla quarta linea dell’inceneritore». «In questa campazione gna elettorale non si è parlato di povertà e emergenza abitativa - aggiunge Luca Lendaro domenica oltre che Giordani, ha trionfato l’astensionismo». Quanto ai Verdi si può dire che il loro è stato un voto di «posizionamento», nel 2017 avevano sostenuto Coalizione, oggi hanno corso da soli. «Volevamo il nostro simbolo, fermo restando il sostegno a Giordani - spiega il candidato consigliere Antonio Attisani - di Coalizione ci ha deluso la politica sui rifiuti e sull’inceneritore, e poi va anche detto che probabilmente quest’anno, a differenza di cinque anni fa, non avevamo un candidato sindaco di centrodestra così temibile da mettere da parte tutte le nostre differenze, e quindi abbiamo viaggiato disgiunti, e l’unico a trarne vantaggio è il sindaco Giordani, che ha comunque avuto semnamento
Chiara Gallani), bensì sul terzo classificato, Andrea Ragona, al quale dovrebbe essere data la possibilità di proseguire, sempre da assessore alla Mobilità, il lavoro svolto negli ultimi anni in merito alle due nuove linee di tram Stazione-voltabarozzo e Rubano-vigonza.
E per chiudere, l’ultimo posto dovrebbe coincidere con un’altra riconferma, ovvero quella dell’assessora di Padova Insieme, Francesca Benciolini, che dovrebbe conservare le deleghe all’anagrafe e alle Risorse Umane. Insomma, sindaco a parte, cinque uomini (Micalizzi, Bressa, Colasio, Bonavina e Ragona) e quattro donne (Colonnello, Piva, Cera e Benciolini). Sette conferme e due new entry. Bene, e a chi verrà affidato l’incarico (retribuito come quello di un assessore) di presidente del consiglio comunale? Tutte le voci più accreditate paiono puntare su Antonio Foresta di Per Padova. Ancora qualche giorno e sapremo. Nel frattempo, tornando all’ipotesi accennata sopra, è vero che Giordani avrebbe espresso la volontà di portare il numero di assessori da nove a dieci, «perché la gestione delle centinaia di milioni di euro in arrivo dal Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) richiederà un grande impegno da parte di tutti».
Ma è altrettanto vero che i suoi più stretti collaboratori, a partire dal suo portavoce «tuttofare» Massimo Bettin, gli avrebbero consigliato di temporeggiare. Se non altro perché la cosa necessiterebbe della modifica sia dello statuto che del regolamento del Comune. Modifiche, oltretutto, che implicherebbero il via libera da parte del consiglio per tre volte consecutive, tutte e tre con il voto favorevole dei due terzi dell’aula. In pratica, magari si farà come vorrebbe il sindaco. Ma un po’ più avanti.