Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Acqua razionata, prime ordinanze
I Comuni iniziano a chiudere le fontane, nei campi irrigazioni a corrente alternata. E il vento caldo peggiora le cose Raccolti ridotti del quaranta per cento e nuove semine sospese. Allevamenti in crisi
La canicola sale e i campi assetati restituiscono raccolti bruciati, inutilizzabili. Ma la siccità precoce e prolungata ha prosciugato i fiumi, l’ultima vittima è il Brenta e i consorzi di bonifica non possono che razionare l’acqua. Intanto il Veneto guida in conferenza delle Regioni il partito di chi vuole lo stato di emergenza idrica.
Il colore simbolo dell’emergenza idrica è il bianco. Una distesa di sabbia candida al posto delle acque del Brenta completamente in secca, nel Vicentino. Il contraltare cromatico dell’acqua che non c’è più lo si rivede nei campi riarsi dal sole e sferzati da un vento che asciuga anche le ultime preziose tracce di umidità, nel Portogruarese come nel Rodigino. Dove dovrebbe esserci il verde che imbiondisce sul frumento si ritrova soltanto il color triste di piante moribonde. Le stime parlano di un 30-40% di raccolto già perduto proprio quando il conflitto ucraino rende più prezioso ogni singolo chicco. I consorzi di bonifica definiscono la situazione «drammatica» e senza paragoni. Andrea Crestani, direttore di Anbi (associazione nazionale bonifiche e irrigazioni) la chiama «la tempesta perfetta»: «Temperature sopra la media, a lungo, sempre più rare le piogge, bacini idrici già poveri per la poca neve caduta e un vento inusuale che soffia sulla pianura assetata».
Primi razionamenti
La giornata di ieri se n’è andata così per i consorzi «portatori d’acqua» che si trasformano in rigidi «razionatori». Derivazioni chiuse a rotazione in alcune zone e aziende agricole ciclicamente a secco. Non che ci siano alternative. L’acqua non c’è e comunicarlo agli agricoltori è un’informazione preziosa per evitare la seconda semina, quella della soia dopo la trebbiatura del grano, per dirne una. «Stiamo cercando di tamponare con indicazioni precise alle associazioni agricole con cui il rapporto è costante, fatto di aggiornamenti ormai di ora in ora» spiega Crestani. Intanto il mais sta arrivando alla «spigatura», cioè alla formazione delle pannocchie, senza acqua sufficiente, le piante produrranno solo le foglie e non il «frutto». Tradotto: altri raccolti da buttar via. Una grande incognita pesa anche sui «trapianti» come quello del radicchio, di solito si procede a metà luglio ma tanti agricoltori stanno pensando di non procedere, troppo alto il rischio legato alla siccità prolungata. «Tantissimi hanno deciso di non seminare altro - conferma Crestani - E quindi la nostra posizione è di chiedere tutta l’acqua possibile in questo momento. E significa averla dai laghi. Non avrebbe senso conservarla se si azzerano le coltivazioni in questa fase. Ma c’è, ovviamente, la massima attenzione. Tutti i consorzi stanno organizzano periodi di razionamento e quindi turnano l’acqua per zone a seconda di quella maggiormente disponibile continuando a garantire i minimi deflussi previsti. Al momento stiamo distribuendo non più del 60% dell’acqua disponibile. Non c’è la possibilità di prelevarne di più». Senza contare che, a causa della risalita del cuneo
Bottacin
salino sul Delta del Po, quasi tutte le derivazioni idriche sono già state chiuse per una distanza di oltre 20 km. «Ormai il sale sta entrando dalla falda. Una situazione mai vista» chiude Crestani. In Polesine è arrivato proprio in questi giorni un desalinatore spagnolo per depurare l’acqua.
Misure urgenti
È di ieri un documento della Regione intitolato «urgenti disposizioni operative» che prevede, da oggi e per sei giorni, un ulteriore prelievo dal bacino idroelettrico del Corlo di 7 metri cubi al secondo da riversare sul Brenta in difficoltà. Se sull’appennino emiliano si organizzano già le autopompe per portare l’acqua potabile nei paesini, il Veneto se la cava meglio. Ma non di molto. Tanto che sono decine i comuni in cui i sindaci hanno emanato ordinanze che vietano l’uso della rete dell’acquedotto per impieghi diversi da quello domestico
Pronti a usare le cave come invasi con la nostra legge ma serve una semplificazione come per il post Vaia
con tanto di multe dai 25 ai 500 euro.
Lo stato di emergenza Tamponare sperando che domani qualcosa possa cambiare. Mercoledì, infatti, si riuniranno sia l’osservatorio dell’autorità di Bacino per le Alpi orientali, sia la conferenza delle Regioni in cui, annuncia l’assessore regionale all’agricoltura e presidente della commissione di suoi omologhi in seno alla conferenza, Federico Caner, «chiederemo lo stato di emergenza per la siccità e fondi del Pnrr». Veneto capofila, dunque, per chiedere uno stato di emergenza che si tradurrebbe nel forzare la mano a Trento e Bolzano per l’apertura degli invasi e fondi Pnrr per far decollare il piano di una rete di microinvasi per l’accumulo d’acqua dando per assunto che non sarà certo l’unica estate siccitosa. Il titolare dell’agricoltura, Stefano Patuanelli, ha parlato ieri, alla vigilia di un inconto di tutti i Ministeri coinvolti: Mipaaf (politiche agricole), Mite (transizione ecologica), Mef (economia), Affari Regionali. Poi ci aggiorneremo a livello politico, la situazione è delicata». E delicata è dir poco visto che il livello del Po è a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico più basso che a Ferragosto di un anno fa. Coldiretti spiega che «ci si trova a gestire il razionamento anche dell’acqua potabile per usi diversi da quello alimentare e igienico-sanitario. La situazione è critica su tutto il territorio regionale ed è allerta anche negli allevamenti dove si registra un calo di produzione di latte del 10%. Sulla necessità di chiedere lo stato di emergenza concordano tutti arrivati a questo punto. La situazione, rispetto allo scorso aprile, è nettamente peggiorata. Se l’adige ora soffre un po’ meno e così il Piave, il Po e il Brenta sono malati gravi. L’agricoltura preme per usare tutta l’acqua possibile subito, le strutture tecniche della Regione, però, invitano alla prudenza dato che l’estate è appena iniziata. «Con questa situazione, nonostante l’accordo per implementare l’acqua dal Corlo ragiona Caner - avremmo poco più di 10 giorni di autonomia. L’importante ora è chiedere al governo che metta fondi Pnrr per realizzare gli invasi». Oltre ai bacini di laminazione, la via, pensata dall’assessore regionale all’ambiente Gianpaolo Bottacin, è utilizzare le cave dismesse «ma parliamo di decine di milioni di investimento e, soprattutto, di una burocrazia che rischia di fermarle. L’unico modello è quello dei fondi Vaia. Con la deroga a ben 18 leggi abbiamo costruito tanto e bene». Preme anche il Pd col senatore Andrea Ferrazzi «È allarme rosso. Sia dichiarato lo Stato di crisi». E il collega Udc Antonio De Poli: «Vanno ridefinite le priorità del Pnrr. È doveroso utilizzare le risorse Ue per gestire l’emergenza idrica e sostenere il mondo agricolo».
I laghi trentini
Con lo stato di emergenza Trento e Bolzano dovrebbero aprire i loro invasi
Raccolti a rischio
La siccità prolungata ha già fatto perdere il 30-40% del raccolto di frumento