Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Autonomia e legge quadro Zaia rompe gli indugi «Siamo pronti a firmare»
Oggi l’incontro con Gelmini. «In autunno norma in Parlamento»
«La legge quadro è scritta, se non ci sono sorprese noi daremo l’ok» ha detto ieri il presidente del Veneto, Luca Zaia. Dopo anni di chiacchiericci, oggi, in via della Stamperia, sede del ministero per gli Affari Regionali, sul tavolo del ministro Maria Stella Gelmini dovrebbe esserci la bozza definitiva di quella legge quadro che lo stesso Zaia definisce conditio sine qua non per procedere verso la meta fin qui a dir poco sfuggente dell’autonomia differenziata chiesta dal Veneto con un referendum plebiscitario il 22 ottobre 2017.
E a quel tavolo siederanno i governatori del Nord: il lombardo Attilio Fontana, l’emiliano Stefano Bonaccini, il ligure Giovanni Toti e il toscano Eugenio Giani. Oltre, naturalmente, a Zaia che di questa epica guerra di trincea è identificato come generale sul campo.
Breve riassunto delle puntate precedenti per spiegare il valore dell’incontro di oggi alle 13 nei saloni del ministero. Dopo un paio d’anni di stallo, il predecessore di Gelmini, Francesco Boccia, introduceva il concetto di una legge quadro, una «cornice» in cui inscrivere le singole intese fra Stato e Regione previste dalla Costituzione. Un «di più» che ormai è diventato imprescindibile per tentare il coinvolgimento auspicabilmente (ma si sa, gli auspici lasciano il tempo che trovano) del Parlamento. Bene, con una certa dose di caparbietà, la poco ciarliera Gelmini pare sulla soglia di un traguardo sfuggito, in passato, persino alla vicentina e leghista Erika Stefani martirizzata dalla guerriglia pentastellata durante il
Conte I (e forse penalizzata dalla fase sovranista del suo partito). Tant’è. Ora Gelmini ha pronto un testo che ha superato anche il luciferino vaglio del Mef, il ministero dell’economia. Un testo che Zaia conferma d’aver visto e che, seppur non perfetto, sarà «promosso» dal Veneto ormai in debito d’ossigeno rispetto alla madre di tutte le battaglie. Non guasta il tempismo data la crisi di fiducia che lacera il Carroccio soprattutto in Veneto.
Insomma, un’iniezione di ottimismo su cui, non è un segreto, Zaia punta moltissimo. «Domani saremo a Roma. Posso dire che siamo arrivati al giro di boa. Noi abbiamo fatto i compiti per casa, - ha detto ieri il presidente non celando il proprio disappunto rispetto al cannoneggiamento contro di queste ultime settimane da parlamentari, non ultima il ministro Mara Carfagna, amministratori ed economisti del Mezzogiorno - è stata scritta una legge quadro imprescindibile per dare mandato al governo di firmare le intese, cioè i contratti con le Regioni. Auspichiamo rispetti le nostre istanze e sia portata prima possibile in Parlamento». Infaticabile, Zaia ha ripetuto per la milionesima volta che non si tratta di «secessione dei ricchi».
«Chiediamo al Governo, in virtù di una facoltà che ci è data dalla Costituzione, che alcune competenze che gestisce lo Stato siano dirottate su una gestione regionale e ci arrivino almeno i soldi per gestirle. Non ho capito qual è il problema, semplicemente chiediamo di avere più responsabilità nella gestione territoriale, che da Nord a Sud ha un senso come principio di responsabilità». Non sorprenderà che il presidente ripeta, coerente con le dichiarazioni dell’ultimo lustro, che la richiesta veneta è di 23 materie. Con una concessione: «Per ciò che non ci viene dato prima, vogliamo sia confermato che possa essere negoziabile dopo». Il riferimento è a quelle quattro materie su cui la legge quadro imporrebbe, a dar retta alle bozze circolate,
Le materie Il Veneto chiedeva e chiede 23 materie, se su alcune c’è da aspettare vogliamo garanzie
Le risorse La legge quadro parte dalla spesa storica e dalla compartecipazione al gettito delle Regioni
una preliminare definizione dei Lep. Parliamo dei Livelli essenziali di prestazione, cioè di criteri che rendano omogenei la qualità e i costi di un servizio in qualsiasi regione, che si tratti di un asilo o di una linea d’autobus. Sulla definizione dei Lep, già previsti dalla legge sul federalismo fiscale del 2009 (sic!) c’è universalmente scarsa fiducia si attui in tempi brevi.
Da cosa si partirà allora per finanziare le materie che lo Stato affida a una Regione? Dalla spesa storica. Concetto non così netto. L’ipotesi è che si faccia una media di tre-cinque anni su quanto lo Stato ha speso per la tal regione sulla tal materia. Definita una cifra che rispecchia ciò che lo Stato già spendeva, il meccanismo con cui quelle risorse vanno alla Regione sarà la compartecipazione al gettito, insomma, parte delle tasse venete resteranno qui. Fronda del Sud permettendo.