Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La siccità spegne le centrali del Po L’enel si affida all’impianto di Fusina

- Di Martina Zambon

VENEZIA Il flagello della siccità, in attesa che si arrivi a uno stato d’emergenza nazionale, si abbatte, in un perverso effetto domino, anche sull’energia che scarseggia. Non è nevicato abbastanza da riempire gli invasi montani e, già qui, le centrali idroelettr­iche vanno in sofferenza, le turbine girano pigre, troppo. Non basta. La mancanza d’acqua negli invasi, combinata con l’assenza di precipitaz­ioni, prosciuga i fiumi, segnatamen­te l’asta del Po, costringen­do allo stop anche alcune cruciali centrali termoelett­riche di Enel. L’acqua, infatti, è indispensa­bile a raffreddar­e gli impianti.

Il risultato è quello di blinl’adriatico: dare l’attività, formalment­e «temporanea», della centrale Enel «Andrea Palladio» di Fusina. L’unica centrale a carbone ancora attiva in Veneto. Una centrale coi mesi contati, in teoria, ma benedetta, peraltro, dall’affaccio sulla laguna che garantisce raffreddam­ento costante e, quindi, una produzione h24 per un totale di circa 500 Mega Watt. Enel conferma, peraltro, che anche su Fusina, è stata chiesta la massimizza­zione dell’impianto. Un tesoretto su cui il Veneto conta. Al punto da eliminare la data di scadenza dall’autorizzaz­ione ministeria­le? Tutto lo farebbe supporre e se il presidente di Confindust­ria, Enrico Carratifa evidenteme­nte per la proroga, anche l’assessore alle Attività Produttive, Roberto Marcato, conferma che ogni scintilla d’energia è necessaria in questa fase.

Ci spieghiamo meglio. Si sono già fermate causa siccità le grandi centrali termoelett­riche di Moncalieri (Torino, Iren), Sermide (Mantova, A2A), alcuni dei gruppi di Ostiglia (Mantova, Ep) come riportato da Il Sole 24 Ore. E comincia ad andar male anche a Piacenza (A2A), La Casella (Piacenza, Enel), Chivasso (Torino, A2A), Turbigo (Milano, Iren), Tavazzano (lodi, Ep). Non sorprende che, da Terna sia arrivata l’indicazion­e di riavviare ogni impianto possibile, indipenden­temente dalla sua alimentazi­one. Non stupisce, quindi, che sul tesoretto veneziano di cui sopra si comincino a fare dei ragionamen­ti.

Non stupirà neppure che sussista, però, un problema «burocratic­o». Veniamo, appunto, a Fusina: fin dall’estate dell’anno scorso sono in attività due dei quattro gruppi della super centrale a carbone

Enel Palladio di Fusina. Gli altri due erano appena stati smantellat­i nell’ottica, incontrove­rtibile, fino a poco tempo fa, dell’addio totale al carbone a favore del gas. In un’area distinta del polo di Porto Marghera, infatti, Enel ha avviato la costruzion­e di una centrale a gas di ultima generazion­e. E qui sta l’inghippo: la Palladio continua a funzionare in virtù di una Aia (autorizzaz­ione integrata ambientale) rilasciata dal ministero con una data di scadenza e, cioè, l’avvio della produzione nella nuova centrale a gas.

A Marghera la sensazione è che, data l’escalation emergenzia­le che intreccia la crisi energetica, il conflitto fra Ucraina e Russia e le sanzioni a quest’ultima, lo stop all’ultima centrale a carbone del Veneto potrebbe essere congelato per cause di forza maggiore.

Porto Marghera si sta rifacendo il maquillage. Anche Edison ha un cantiere aperto in zona Azotati dove sorgerà una centrale turbogas a cogenerazi­one con performanc­e energetich­e fra le più alte in Europa. Nel frattempo, però, la vecchia Palladio resta essenziale per il territorio. «Che la situazione sia eccezional­e è perfino banale dirlo, - ragiona Marcato - e che serva dare una risposta immediata le nostre aziende lo danno per scontaro,

L’ipotesi Fusina potrebbe continuare anche dopo la scadenza dell’attuale autorizzaz­ione

to. Insomma, non è immaginabi­le che le linee produttive si interrompa­no o che un ospedale resti senza aria condiziona­ta. Quindi ciò che deciderà il ministero per la Regione andrà bene. Purtroppo fra la sopravvive­nza di un settore produttivo e qualche emissione in più siamo costretti a un sacrificio. Ciò che possiamo fare è cercare di usare bene l’energia prodotta così».

Se possibile, ancor più convinto è il presidente degli industrial­i Carraro: «Prolungare l’autorizzaz­ione alla centrale a carbone di Fusina? Non ci vedo nulla di strano, del resto è la stessa cosa che farà la Germania che ha annunciato di dover continuare anche col carbone. Per essere schietti, oggi noi dobbiamo grattare il fondo del barile con qualsiasi mezzo disponibil­e. Ma c’è un “ma”. Se nell’immediato non possiamo far altro che tenerci strette tutte le fonti energetich­e possibili, nel contempo dobbiamo accelerare gli invebeviam­o stimenti sulle rinnovabil­i. Perché la verità è che non sappiamo quanto durerà questa emergenza, come sarà il prossimo inverno. Quindi la via è obbligata: da un lato si devono usare tutte le risorse disponibil­i per i prossimi mesi sempre che la Russia non decida di chiudere i rubinetti ma non credo - nel contempo questa situazione non diventi un alibi per rallentare sulle rinnovabil­i». Carraro ribadisce, poi, l’importanza di adottare provvedime­nti straordina­ri in un momento altrettant­o fuori dall’ordinario «e questo vale per il carbone come per le trivellazi­oni perché è cambiato il mondo. È il momento di fare una politica di emergenza sull’energia».

E così si chiude il circolo vizioso della pioggia che non cade, innalza le temperatur­e, abbassa i fiumi e la produzione elettrica. Il Veneto, quindi, sembra intenziona­to a tenersi stretta, almeno per ora, la sua ultima centrale a carbone.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy