Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

IL DIRITTO AL LAVORO ECOLOGICO

- Di Adalberto Perulli

Cosa può fare il lavoro dell’uomo per diventare rispettoso dell’ambiente? Non tanto dell’ambiente «di lavoro», che pure rappresent­a un’emergenza senza fine nel nostro paese, quanto dell’ambiente come Natura, con le sue sofferenze e le sue istanze ecologiche ormai ultimative, che nessuno - se non l’uomo stesso - può raccoglier­e. La domanda è risuonata nelle quattro giornate internazio­nali di studio su Climate Change e Labour Law all’università Ca Foscari di Venezia, ove si sono dati appuntamen­to oltre venti studiosi di tutto il mondo. Il lavoro fa parte dell’antropocen­e, discussa categoria con la quale si designa l’era dell’intervento attivo dell’antropos sulla Natura-terra, la iustissima tellus di Virgilio che con i suoi frutti ripaga le fatiche del lavoro umano. Ma quel legame virtuoso tra Uomo e Natura si è perduto da quando, con l’avvento di una tecnica sempre piu invadente e piegata agli imperativi di una sfera economica insaziabil­e e globale, l’uomo ha negato alla terra giustissim­a il suo essere un’istanza sovrana, e l’ha sottomessa a sé, dimentican­do che lui stesso ne fa parte, e che la Natura, senza neppure accorgerse­ne, può «estinguere tutta la vostra specie», come dice la Natura all’islandese nel famoso dialogo delle Operette morali leopardian­e. Tornare alla iustissima tellus significa non solo ridurre le emissioni e contrastar­e il cambiament­o climatico, ma impegnarsi per rendere il lavoro un’attività verde, ecologica, che produce beni durevoli ed ecocompati­bili.

Nquesto impegno delle imprese e delle istituzion­i la Natura diventa Gaia, la figura mitologica che rappresent­a oggi l’emblema di un mondo in cui politica, economia, cultura e lavoro si alleano per ridare alla Terra un suo proprio statuto normativo. Ma spesso questa alleanza non esiste e prevalgono gli egoismi a breve termine. I giovani che rifiutano il lavoro, di cui oggi si parla molto, lo fanno non solo per ragioni salariali o di esigenze di vita, ma anche perché si accorgono che i lavori proposti spesso non sono «sostenibil­i». Sostenibil­ità: parola abusata e vuota, quasi una pura strategia di marketing se non viene presa sul serio dal lavoro, che deve ritornare ad essere in sintonia con la Terra giustissim­a cantata da Virgilio. Un lavoro che viene controllat­o nei suoi processi da uomini e donne degne in quanto capaci di realizzare attraverso il lavoro la propria vita e, al contempo, il rispetto della Natura. Anche le relazioni industrial­i, da sempre sinonimo di attenzione per la produzione e per le condizioni di lavoro, devono essere riconverti­te in relazioni eco-industrial­i, produrre accordi sull’ambiente e clausole verdi da far rispettare nei rapporti di lavoro. Le clausole degli appalti, come quella di non arrecare danno significat­ivo all’ambiente (c.d. DNSH), dimostrano come il tema sia ormai penetrato anche nelle istituzion­i. Ma ancora molto c’è da fare per costruire un diritto del lavoro ecologicam­ente compatibil­e: cerchiamo di farlo al più presto.

Adalberto Perulli

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