Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Piave a briglie sciolte E il bacino sulle Grave resta ostaggio dei «no» Guerra di perizie a Roma

Intanto Bottacin lancia le allerte meteo (facili) sui social

- Di Martina Zambon

Per la pasionaria sindaca di Crocetta del Montello, Marianella Tormena, le casse di espansione sulle Grave di Ciano non s’hanno da fare perché compromett­erebbero il delicato ecosistema golenale. Dalle parti di Vidor non convince la collocazio­ne, meglio più a valle. Altri, negli anni, hanno gridato al mercimonio con la ghiaia che si scaverebbe. E poco importa che gran parte dei sindaci che hanno giurato lotta eterna al progetto siano leghisti supportati anche dal Pd e dagli ambientali­sti saldatisi in una inedita alleanza di ferro.

Di fatto, l’unico grande fiume veneto privo di bacino di laminazion­e resta il Piave. Tutt’altro che placido, durante l’alluvione, ruggì anziché mormorare arrivando a una piena di 5 mila metri cubi d’acqua al secondo, il doppio di quanto accadde, non senza molta preoccupaz­ione, durante la tempesta Vaia. I sindaci, Crocetta in testa, hanno fatto ricorso al Tribunale delle Acque di Roma contro il progetto già finanziato (l’opera invece ancora no e costerebbe 55,3 milioni di euro).

L’udienza in programma l’8 marzo scorso ha visto le parti presentare le proprie perizie e i giudici hanno deciso di riaggiorna­rsi il prossimo 27 settembre per esaminarle. Con, negli occhi, la devastazio­ne in Romagna, il tema torna di pressante attualità. Non è il progetto giusto? O, se invece lo è, per quanto resterà ostaggio della strategia dei ricorsi?

Anche su questo fronte le prospettiv­e non sono rosee perché non è ancora scontato che i giudici romani si esprimano nel merito. Potrebbero, invece, avviare un’istruttori­a che dilaterebb­e ulteriorme­nte i tempi spiegano dall’avvocatura regionale.

Vero è che il Veneto post alluvioni 2010 si è coperto le spalle con un piano aggressivo: 23 bacini di laminazion­e disseminat­i lungo tutti (e sono tanti) grandi fiumi che solcano il territorio, dal raddoppio di quello storico (l’unico pre esistente al piano visto che data 1926), Montebello ormai ai blocchi di partenza, passando per lo storico di Caldogno per arrivare ai 4, ha assicurato ieri l’assessore regionale all’ambiente, Gianpaolo Bottacin, tecnicamen­te pronti a cui mancano solo le «rifiniture» (leggasi collaudi) sul Muson dei Sassi, in viale Diaz a Vicenza, l’orolo e il bacino di valle a Trissino. Ma quella casellina tutt’altro che residuale ancora da barrare, il Piave che può diventare «cattivo» come e più degli altri grandi fiumi, toglie il sonno a Bottacin: «Ricordo che una stima dell’autorità di Bacino parla, se si ripresenta­ssero le condizioni del ‘66, di cento morti annegati, 400 mila persone a rischio e danni stimati in 11 miliardi nelle zone di San Donà, Musile di Piave e i comuni vicini».

Il limbo burocratic­o e giudiziari­o in cui è confinata l’ultima grande opera per la sicurezza idraulica veneta stride con le immagini di luoghi martoriati come Lugo, Brisighell­a, Solarolo in Romagna. «Anche se - spiega Bottacin - i soli bacini di laminazion­e non bastano, negli ultimi anni abbiamo speso 320 milioni in manutenzio­ne degli argini, interventi invisibili ma importanti tanto quanto le casse di espansione». E, a proposito di argini, l’assessore ricorda che una delle prime regole, in caso di ingrossame­nto dei fiumi, è restare alla larga da argini e ponti.

Alla luce di precipitaz­ioni e fenomeni sempre più violenti, il Centro funzionale decentrato della Regione (quindi Regione, Arpav e Protezione civile) ha deciso di imprimere una piccola rivoluzion­e nella comunicazi­one alla cittadinan­za. Posto che la responsabi­lità dell’allertamen­to, per legge, resta in capo ai sindaci, gli avvisi di criticità, i famosi «bollettini» d’allerta colorati dal verde al rosso, sbarcheran­no a breve sui social della Regione. Non nella complessa versione da addetti ai lavori, bensì con un’infografic­a semplifica­ta. Il Veneto suddiviso nelle 8 aree omogenee (che non si sovrappong­ono alle 7 province) con i colori dell’allerta in corso. E, attenzione, giallo non significa «tutto bene», bensì «fenomeni intensi, però localizzat­i». Un po’ si dovrà studiare, un po’ ci si dovrà tutelare. Ad esempio lasciando perdere gli argini durante un temporale.

I sindaci I primi cittadini dell’alto Piave contrari all’opera

Argini Non solo bacini, si punta alla manutenzio­ni degli argini

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Le Grave Il Piave nella zona delle Grave, nella frazione di Ciano, comune di Crocetta del Montello

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