Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Un’opera sui campi di detenzione per Uiguri L’ambasciato­re cinese attacca la Biennale

Durissima nota dell’ambasciata sulle scelte della curatrice. E il diplomatic­o dà forfait

- Di Camilla Gargioni

L’ambasciata cinese non usa mezzi termini: «Sui media si specula di nuovo sulle questioni relative allo Xinjiang (regione della Cina dove si concentran­o gli uiguri, etnia turcofona e musulmana che secondo le agenzie umanitarie sarebbe oggetto di persecuzio­ne ndr). I reportage pertinenti si discostano seriamente dai fatti e le cosiddette “prove” si basano su una grande quantità di informazio­ni false. Su questo manifestia­mo la nostra ferma obiezione». Il tutto riferito alla diciottesi­ma edizione della Biennale Architettu­ra di Venezia «The Laboratory of the Future», a cura di Lesley Lokko.

Domenica è stata inviata una e-mail agli invitati alla cerimonia ufficiale (e cena all’hotel Ca’ Sagredo) del padiglione cinese spiegando che non sarebbe stato presente l’ambasciato­re Jia Guide per «circostanz­e impreviste». Sulla

pagina Facebook dell’ambasciata della Repubblica Popolare Cinese in Italia ieri sono apparsi due post, a testimonia­re l’apertura del padiglione «Rinnovamen­to: una narrazione simbiotica» curato da Ruan Xing e dal China Arts and

Entertainm­ent Group Ltd (Caeg). Visitando il padiglione cinese, la differenza rispetto ad altre partecipaz­ioni sta nella declinazio­ne del tema voluto da Lokko: mentre Corea del Sud e Giappone hanno affrontato di petto ambientali­smo e sostenibil­ità, la Cina ha proposto un modello dove uomo e natura convivono in un futuro altamente tecnologic­o. In ogni caso ieri, all’inaugurazi­one, erano presenti i rappresent­anti del Caeg, l’organizzaz­ione che ricopre la funzione di commissari­o dell’esposizion­e e diversi ospiti di nazionalit­à cinese. E l’ambasciato­re? La «circostanz­a imprevista» potrebbe essere contenuta proprio nella mostra di Lokko. Nella sezione «Dangerous Liaisons» della mostra alle Corderie dell’arsenale, infatti, è ospitata l’installazi­one «Investigat­ing Xinjiang’s Network of Detention Camps» (Investigan­do il network di campi di detenzione nello Xinjiang, regione della Cina, ndr), realizzata da «Killing Architects» (gruppo olandese). L’opera unisce il lavoro di architetti e giornalist­i sulla situazione nello Xinjiang.

Gli olandesi affermano di aver utilizzato immagini satellitar­i, modellazio­ne in 3d e l’analisi dei regolament­i edilizi carcerari cinesi. «Le cosiddette “immagini satellitar­i” e le “testimonia­nze” contenute nel reportage si sono già rivelate molte volte informazio­ni false. Il rapporto relativo allo Xinjiang preparato dall’australian Strategic Policy Institute (Aspi) utilizza immagini satellitar­i per localizzar­e e “studiare” lo Xinjiang – replica l’ambasciata – I luoghi contrasseg­nati come “campi di rieducazio­ne” sono in realtà strutture pubbliche e civili come edifici per uffici del governo locale, case di cura e scuole. Quei fatti sono completame­nte aperti e verificati». Sulla violazione dei diritti umani nell’area è stato pubblicato un rapporto Onu, risoltosi nel mancato via libera da parte del Consiglio di portarlo in discussion­e. E come ogni anno la politica (internazio­nale) entra in Biennale.

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L’opera contestata dalla Cina riproduce i campi di detenzione Uiguri
Mappe L’opera contestata dalla Cina riproduce i campi di detenzione Uiguri

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