Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Sale ibride, già effettuati centocinquanta interventi
«C’è sempre l’uomo dietro alla macchina. È la mente umana che ragiona, che fa muovere le macchine e che pone l’indicazione all’intervento. La tecnologia non modifica il criterio di indicazione». È Franco Grego, direttore della Chirurgia Vascolare a commentare la rivoluzione in sala operatoria in atto presso l’azienda Ospedale Università. Parliamo delle due sale operatorie ad alta tecnologia integrata, presentate a fine novembre, ma ora nel pieno della loro attività. Ad oggi sono state realizzate centocinquanta procedure ibride nella sala operatoria di tipo A, specializzata in Chirurgia vascolare. Ma l’obiettivo è di moltiplicare il numero di prestazioni, si punta ad ottocento procedure all’anno. E dal 14 giugno, la sala lavorerà no stop. Diversi i risultati della sala operatoria B, destinata a tutte le altre discipline che ne richiedano l’utilizzo. Da aprile sono stati eseguiti quindici interventi da parte della cardiochirurgia, uno dal team congiunto Chirurgia vascolare e cardiochirurgia ed uno da un gruppo multidisciplinare composto da Ostetricia e Ginecologia, Radiologia e Chirurgia Vascolare. Dopo un lungo lavoro di collaudo con l’aiuto di ingegneri specializzati, le due sale operatorie ibride sono state collaudate in tutta la loro potenzialità tecnologiche e dichiarate utilizzabili. Si tratta di un ambiente di lavoro dove poter impiegare ed integrare le tecnologie più avanzate di imaging alle necessità di una vera e propria sala operatoria classica. Fare diagnosi e trattamenti chirurgici in un’unica postazione, diminuendo rischi, ritardi e migliorando la sicurezza del paziente. Il cuore della sala è rappresentato dall’angiografo robotizzato e dalla Tac, con una serie di ulteriori strumenti che consentono di operare con precisione e accuratezza. Un lavoro che necessita di una formazione del personale adeguata sia sotto il profilo teorico che pratico. Ma come tutte le tecnologie anche la sala operatoria ibrida ha un costo altissimo, non solo di costruzione. L’ Azienda ospedaliera ha investito dodici milioni di euro per due sale operatorie, due volte il costo per costruire negli stessi spazi quattro sale operatorie classiche.
«La sala ibrida non deve considerarsi solamente un centro di costo, ma un bene comune — ha commentato il professore Franco Grego — mirato alla produzione di salute e alla cura del benessere del cittadino che ne ha bisogno e che ha tutt’altra ricaduta a livello sociale qualora mancasse».