Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Uccise e fece a pezzi il marito condannata a 14 anni e mezzo
La Corte d’assise accoglie la richiesta del pm. La donna affetta da psicosi
Quattordici anni e sei mesi di reclusione per aver ucciso e fatto a pezzi nel luglio 2022 il marito Shefki Kurti, ex manovale albanese di 72 anni. Questa la condanna decisa ieri dalla Corte d’assise presieduta da Angelo Risi nei confronti di Nadire Kurti, la 68enne albanese accusata di omicidio volontario aggravato e soppressione di cadavere. Gli otto giurati, due togati e sei popolari, hanno recepito la richiesta di condanna del pm Maria Giulia Rizzo, col riconoscimento delle attenuanti generiche e del vizio parziale di mente.
I fatti al centro del processo, che si è risolto in due udienze compresa quella di ieri, risalgono alla notte tra il 21 e il 22 luglio 2022. Nadire Kurti ha confessato di aver colpito il marito con un’ascia mentre i due erano in camera da letto nel loro appartamento di Badia Polesine. Poi la donna ha raccontato di aver trascinato il corpo in bagno, di averlo fatto a pezzi con l’ascia e tre coltelli, ritrovati qualche giorno dopo nel canale Adigetto, a poche decine di metri dall’abitazione della coppia. Dopo aver sezionato il cadavere, la 68enne ha ammesso di aver messo i resti
alcuni sacchetti della spazzatura e atteso la notte per gettarli nell’adigetto. I ritrovamenti erano cominciati il 28 luglio 2022 in una chiusa, a Villanova del Ghebbo e l’ultimo pezzo del cadavere, la gamba destra, emerse il 31 agosto. Trovati anche le armi del delitto: un’accetta e tre coltelli da cucina.
Nadire Kurti, reclusa nel carcere femminile di Verona, è in cura dal 2014 per una forma psicotica delirante, che l’aveva resa gelosa di un’amante inesistente del marito e l’aveva convinta che l’uomo fosse in colle
gamento con la rivale attraverso un microchip impiantato in un orecchio. Kurti era persuasa che il marito fosse in procinto di andarsene con questa donna immaginaria. I carabinieri erano arrivati a Nadire inserendo un virus-spia nel telefonino del figlio della coppia, grazie al quale l’11 agosto avevano potuto ascoltare le ammissioni che l’assassina faceva ai parenti nella sala d’attesa dello studio dell’avvocato Franco Capuzzo. Interrogata in ospedale a Rovigo lo scorso 18 agosto, la donna ha risposto così all’incredulo pm sulla devastazione del cain davere del marito: «Ho imparato tagliando le galline».
Nel processo accusa e difesa hanno rinunciato alla classica sfilata di testimoni per concentrarsi sulle perizie psichiatriche. Secondo lo psichiatra Silvano Finotti, consulente tecnico dell’incidente probatorio in fase di indagini preliminari, la donna al momento del delitto avrebbe avuto una capacità di intendere grandemente scemata, così come quella di volere. Ma era in grado di affrontare il processo. Ha detto invece il perito della difesa, il docente di Neuropsichiatria forense all’università di Padova Giuseppe Sartori: «Kurti è afflitta da una forma psicotica non costante nel tempo come la demenza, ma che va e viene con livelli diversi di intensità. In base alla sindrome di cui soffre, è ipotizzabile che al momento del delitto la donna fosse in preda a una crisi acuta. Non lo era più quando ha fatto a pezzi il cadavere e lo ha occultato. A quel punto la crisi era passata ed era tornata in sé. A mio parere può essere processata solo per il depezzamento e l’occultamento di cadavere».
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