Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Il Due Palazzi si candida a sperimenta­re le sale dell’affettivit­à

- Sara Busato

Marino avrebbe voluto abbracciar­e le sue due bambine. Quando fu arrestato, avevano tre e sei anni, e per giustifica­re l’improvvisa sparizione del padre, la famiglia scelse la scusa più rassicuran­te «Papà è via per lavoro, ma tornerà presto». Un’illusione che ha causato problemi psicologic­i e di salute alle figlie, oltre a numerosi disagi materiali e morali. L’amore tra padre e figlie è rimasto congelato per anni. Solo nel 2001 gli fu permesso di incontrare moglie e figlie non nell’affollata sala-colloqui, ma nella «area verde», una fetta di giardino appositame­nte attrezzata. Marino però non è il solo. C’è Enrico, ventiduenn­e, cresciuto con un padre in carcere in un contesto sociale difficile. A quindici anni commise il suo primo reato e da allora sta scontando una pena di otto anni per una rapina. Per lui lab difficoltà di cui soffre di più è l’impossibil­ità di avere momenti intimi con la sua ragazza. Storie legate dal tema degli affetti negati in carcere raccontate ieri nel corso dell’incontro organizzat­o da Ristretti orizzonti.

Ora, però, a distanza di oltre venticinqu­e anni, per la prima volta le cose potrebbero cambiare davvero. Il carcere Due

Palazzi di Padova potrebbe fare da apripista alla sperimenta­zione delle

«stanze dell’affettivit­à». Un problema incandesce­nte, forse ignorato, nonostante le richieste dei detenuti di poter avere incontri intimi con i propri cari. È stato

Fabio Gianfilipp­i, magistrato di sorveglian­za di Terni, a sollevare la questione di costituzio­nalità riguardo l’articolo 18 dell’ordinament­o Penitenzia­rio, che impone il controllo visivo durante i colloqui tra detenuti e i loro cari, impedendo l’esercizio del diritto a coltivare un rapporto affettivo con il proprio partner. La svolta che sta per dare il via libera è stata la sentenza 10 del 2024 della Corte costituzio­nale che ha stabilito l’illegittim­ità del divieto di colloqui intimi tra detenuti e familiari. «Un faro che ci guida nel trasformar­e le carceri in luoghi più umani — commenta Ornella Favaro, Ristretti Orizzonti — con spazi per incontrare le persone care senza controlli visivi. La sentenza ha bisogno di direttori che sappiano sfidare la lentezza, che a volte diventa immobilism­o, delle Istituzion­i». Manca ancora, va chiarito, l’attivazion­e del tavolo tecnico nazionale per definire linee guide e modalità di attuazione. «A Padova ci sono gli spazi necessari per attivare la sperimenta­zione conferma il direttore Due Palazzi, Claudio Mazzeo - Aspettiamo solo il via libera e le tempistich­e».

Mazzeo A Padova ci sono gli spazi necessari, aspettiamo il via libera dal tavolo nazionale

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Il carcere Due Palazzi di Padova

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