Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
SANITÀ. LA DOPPIA SCURE
Sui tagli alla Sanità previsti nel decreto Lorenzin, si continua a discutere, e non è male: nelle case, sui giornali, nei talk show. E in politica, naturalmente, con ricorso, qui nel Veneto, alla Consulta, da parte del presidente di Regione Zaia, e con gli sbuffi di Alessandra Moretti che invita a sospendere «le lagne». E alle ragioni, dall’una e dall’altra parte, si sommano le contraddizioni. Vediamo, o rivediamo. Non ha torto Zaia a ribadire il suo «no» lampante a tagli uguali per ogni regione: da quelle virtuose a quelle sprecone. Il Veneto sta fra le prime, con poli di eccellenza e una media di prestazioni buone, tali da attirare pazienti in fuga dalla malasanità. Sono lagne? Ma quali lagne! Se non avrà effetto il ricorso alla Consulta, si abbatterà sulla nostra Sanità una scure di 21 milioni di euro. Vi pare poco? Tradotto in concreto, significa rendere più rare le prescrizioni di esami costosi come Tac e Risonanze, di cui si servono i medici di base, non più allenati ad esercitare la professione senza questi supporti, e per i quali si erano previste multe in caso di inadeguamento al decreto ( con conseguenti minacce di mobilitazioni della categoria). Non basta. Tagli son previsti anche su banali esami di laboratorio, farmaci costosi, cure dentarie e via con l’immaginazione sulle necessità di una popolazione che invecchia e perciò è più bisognosa di sostegni. Il risultato, se il decreto passasse così com’è, sarebbe il ritorno a una Sanità per ricchi, che possono senza troppi problemi far ricorso al privato, e a una per poveri, costretti alla rinuncia a proteggere la propria salute.
Zaia insiste sulla diversità di comportamento fra le varie regioni. Qualche esempio? Pesco dalle riviste specializzate: com’è possibile che al Nord un inserto tibiale costi 199 euro e al Sud 2.479, con una differenza del 1.145%? E una protesi all’anca in ceramica 284 euro in una regione e in un’altra 2.575, con una maggiorazione dell’806%? Se un pasto in ospedale costa qui circa 67 euro, altrove arriva a costare fino a 15, a quanto leggo. Ma tant’è: se al sud per usare una fotocopiatrice - lo scriveva Giorgio Bocca - si assumono sette-otto «addetti alla fotocopiatrice», o se a un incrocio senza semaforo stazionano 4 vigili, eliminando questi non necessari «occupati» si getterebbero sul lastrico altrettante famiglie. Un bel disastro! Va però ribadito che è ingiusto che un certo tipo di beneficenza sociale perduri all’infinito senza che i politici si diano da fare per un cambiamento. Il governo di questa regione ha dunque, mi si scusi l’assonanza, le sue ragioni. E però ha anche torti e contraddizioni, quando applica tagli alla cieca, senza badare ai danni che produce. Un esempio è la cancellazione, per ora, dei fondi ai centri antiviolenza, come denunciato dal Centro Progetti Donna del Veneto: cancellazione che significa privare le donne che subiscono violenza domestica della possibilità di una fuga, un rifugio, un sostegno per reinserirsi nella vita sociale. Luoghi segreti, queste «case di fuga», riservati a donne e piccoli in pericolo. A donne insultate, picchiate, ridotte in casi estremi in fin di vita, che per anni han sopportato senza denunciare, mentendo al Pronto Soccorso sui lividi e le contusioni ricevute dai compagni, attribuendoli a improbabili incidenti domestici per paura di ritorsioni. Donne prive spesso di autonomia economica, o comunque costrette a una infelicità costante... Mentre i loro figli, assistendo alla violenza o subendola a loro volta, possono riportare ferite psichiche non rimarginabili. Non è anche questo un problema di tagli alla salute, oltre che alla famiglia su cui s’investe a parole tanta retorica, al futuro delle nuove generazioni? Ecco perché occorre, sul tema, un interessamento forte dell’intera società, di cui fan parte ovviamente i distretti territoriali e sanitari. Se dei tagli vanno fatti, si facciano, ma in settori meno delicati e meno dannosi per la salute fisica o psichica degli italiani.