Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Già 12mila automobilisti iscritti alla class action
La casa tedesca promette interventi sui veicoli
VERONA Ieri mattina in quell’azienda che occupa un’intera via intitolata al suo fondatore, Gumpert, i 900 dipendenti erano arrivati quasi baldanzosi, con i giornali sotto braccio. Il tempo di leggere quel «recentemente abbiamo commesso un grave errore: abbiamo compromesso il rapporto di fiducia che da sempre ci lega... Sappiate che non ci fermeremo fino a quando non avremo riconquistato pienamente la vostra fiducia» rivolto ai clienti Volkswagen, e quel «il Piano di investimenti in Italia del gruppo è totalmente confermato» scandito dall’amministratore delegato Massimo Nordio alle commissioni Ambiente e Industria del Senato e quel lieve ottimismo che si stava spargendo tra gli uffici del Volkswagen Group Italia è evaporato. È stato verso le 9 che dai cancelli solcati dai bilici gonfi di macchine e furgoni sono sbucate alcune auto che con i marchi del gruppo non avevano niente a che fare. Le auto della Guardia di finanza. E mentre i militari setacciavano documenti e portavano via carte da quella che è la sede tricolore del gruppo tedesco, a gongolare erano le associazioni dei consumatori. In primis quel Codacons che aveva chiesto una messe di perquisizioni in tutta Italia. «Se dalle indagini della Procura di Verona — dice il presidente Carlo Rienzi — dovessero emergere illeciti, si rafforzerebbe ancor più la class action avviata dal Codacons davanti al tribunale di Venezia, che registra la pre-adesione di oltre 12mila automobilisti».
Una sciagura che il gruppo con sede al Quadrante Europa sta cercando di scongiurare, promettendo ai clienti che «quando la soluzione tecnica sarà disponibile, provvederemo in forma gratuita ad intervenire su tutti i veicoli coinvolti». Esorcismi di mercato per non incrinare un’azienda da 900 dipendenti in sede, che diventano 12mila con l’indotto. E con una buona fetta della piccola industria veneta che per il colosso tedesco dell’auto lavora. E le parole di Nordio, adesso indagato, diventano un mantra. È quella del crollo delle vendite e del rischio occupazione, l’altra faccia della medaglia del Dieselgate. «L’importante è che non succeda quello che è capitato con l’Ilva di Taranto, ovvero di andare a buttare via il bambino con l’acqua sporca», ha detto il sindaco Flavio Tosi quando ha saputo delle perquisizioni. «Volkswagen è un’azienda di altissimo profilo, con un alto numero di dipendenti che lavorano in questo territorio, quindi è giusto fare le indagini ed è giusto fare tutte le opportune verifiche. È doveroso, anche, che l’azienda rimedi ai guasti che ha combinato, ma salvaguardando i posti di lavoro. Quella deve essere la priorità. Serve il buon senso da parte di tutti ma non abbiamo il minimo dubbio sull’operato del procuratore Schinaia». Le preoccupazioni, tra i dipendenti serpeggiano. «Quella delle perquisizioni è stata un pessima sorpresa — ha commentato il segretario provinciale della Filcams Cgil, Floriano Zanoni —. La vicenda ci ha scombussolato e abbiamo chiesto un incontro con l’azienda che è sempre stata molto corretta con i lavoratori».