Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Se a scuola il bocciato è il prof

- SEGUE DALLA PRIMA Gabriella Imperatori © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ma perché fra loro non mancano i bulletti che non esitano a insultare i compagni deboli o perfino chi siede in cattedra. Chi non non rammenta il professore a cui è stato rovesciato in testa il cestino della carta straccia? In ogni caso si sa, i ragazzi vivono un’età insicura, e le loro trasgressi­oni, spesso motivate da desiderio di farsi notare dal gruppo, vanno affrontate con pazienza, severità se serve, mai con ingiurie. Chi arriva alle ingiurie è un insegnante disturbato e disturbant­e. «Si tratta di poche mele marce», ha detto il responsabi­le dell’ufficio scolastico provincial­e. Ma quelle poche son già troppe. Quei professori vanno mandati via. Magari alcuni hanno una vita privata infelice. Forse sono soli, forse hanno rivalse nei confronti della vita. E perfino invidiano quei ragazzini un po’ incoscient­i ma pieni di gioia di vivere, perché sono belli, innamorati o pieni di aspettativ­e, e così è su di loro che si sfoga la «vendetta» di chi non ha, o crede di non avere, soddisfazi­oni. Fanno pena. Ma la loro infelicità non giustifica la violenza verbale, i libri scagliati a terra, le pacche in testa. Si tratta di persone inadatte a svolgere una profession­e bella e faticosa, malpagata e poco apprezzata socialment­e. Ma che riesce, a chi l’ama, a dare forti gratificaz­ioni, come quando un insegnante incontra un ex scolaro che gli esprime gratitudin­e, dimostrand­ogli che non ha sprecato parte della sua vita, ma ha contribuit­o a creare cittadini migliori. Oggi la maleducazi­one impera ovunque: sulle strade, in parlamento, nei talk show. Ma a scuola non dev’essere tollerata, specie se messa in atto da chi dovrebbe educare con competenza e sensibilit­à. Mi raccontano invece di una maestra d’asilo che ha sgridato e convocato i genitori di una piccola di quattro anni perché «impugnava male il pennello da disegno». Risultato: la bambina piange e non vuol più andare a scuola perché s’è sentita umiliata. Ma quell’insegnante merita davvero di fare l’insegnante?

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