Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Profugo trova 660 euro e li restituisc­e: «Un vero musulmano non ruba»

È accaduto a Padova, roccaforte leghista anti-migranti Saghir: «Fuggo dal Pakistan. Ora sogno un lavoro»

- Priante

PADOVA Saghir Haroon è il profugo pachistano che nei giorni scorsi ha trovato a Padova il portafogli­o smarrito da una veneziana (all’interno 660 euro) e l’ha consegnato alla polizia. «Un bravo musulmano non ruba», dice mentre mostra la foto dei figli rimasti in patria.

Corriere, - non è in vendita. Neppure per 660 euro.

«Ho 40 anni e in Pakistan facevo l’idraulico», racconta nella cucina dell’appartamen­to che la cooperativ­a Populus ha preso in affitto a Terrassa Padovana. «Un giorno un ricco imprendito­re mi commission­a la sistemazio­ne di otto bagni ma, a lavoro finito, si rifiuta di pagarmi. Anzi, con la scusa che il risultato non lo soddisfa pretende da me del denaro, altrimenti mi uccide». Saghir si alza in piedi e mostra alcune lunghe cicatrici al braccio, al fianco, alla gamba e - dopo essersi tolto il cappellino - quella sulla nuca. «Io mi rifiuto e lui mi manda tre uomini che mi prendono a coltellate. Sono sopravviss­uto ma ho dovuto vendere la fede e gli orecchini di mia moglie per scappare in Libia». In Nord Africa è rimasto alcuni mesi. Poi la decisione di venire in Italia. «Ad aprile eravamo in 350 sul barcone, la traversata è durata due giorni», dice.

Il resto è storia comune a quasi tutti i profughi: i soccorsi, lo sbarco in Sicilia e il trasferime­nto nelle strutture di accoglienz­a. Saghir e altri tre pachistani Saghir Haroon, pachistano di 40 anni, mostra il verbale redatto dalla polizia locale di Padova dopo la consegna del portafogli­o smarrito da una donna di Spinea che erano con lui in quel viaggio della speranza, finiscono nell’appartamen­to della cooperativ­a padovana. Era l’11 aprile, e da allora il gruppetto è rimasto in quell’alloggio ad attendere che la commission­e si esprima sulle richieste di asilo. E questo con buona pace del sindaco di Terrassa, il leghista Modesto Lazzarin (che si è detto contrario alla loro permanenza in paese), e dei soliti idioti che su Facebook avevano prima diffuso una foto dei profughi appena arrivati e poi l’avevano commentata così: «Facciamo un agguato, io ho sempre pronto il manganello in macchina», oppure «Domani fingo di sbandare e vedo di investirli».

In realtà la convivenza tra migranti e residenti è proseguita senza problemi, e Saghir e i suoi amici di tutte queste polemiche non sanno nulla. «Venerdì sono andato a Padova a trovare un amico - racconta ero in un parco quando ho notato il portafogli­o a terra. L’ho raccolto e ho visto che conteneva un sacco di soldi. Volevo restituirl­o ma io non parlo italiano e non sapevo a chi rivolgermi, così ho aspettato fino al giorno successivo, quando sono tornato a Padova e l’ho consegnato ai vigili».

La tentazione di intascarsi il denaro dev’essere stata fortissima, per uno che 660 euro non li ha mai avuti in tutta la vita. Ma lui non sembra dare troppo peso al suo gesto e, anzi, preferisce parlare della moglie e dei quattro figli che gli mancano e che spera un giorno di rivedere, o del fatto che gli piacerebbe restare in Italia. «Se mi concederan­no lo status di rifugiato finalmente potrò trovare un lavoro, spero che qualcuno mi aiuti…».

La sua storia fa riflettere. E non soltanto perché infrange i luoghi comuni sull’«uomo nero», o perché se quei soldi li avesse trovati un italiano forse la proprietar­ia non li avrebbe più rivisti. Ma anche per il fatto che tutto è avvenuto a Padova, città in prima fila nella battaglia politica contro la presenza dei profughi alla caserma Prandina, e con il sindaco Massimo Bitonci che lo scorso anno era arrivato a firmare un’ordinanza per imporre visite mediche ai migranti, associando la loro presenza alla diffusione di malattie come l’ebola e la scabbia. Il Tar, poi, l’aveva bocciata.

«La verità è che anche tra di noi ci sono persone oneste e altre meno - ammette Saghir ma generalizz­are è sempre sbagliato».

Bitonci apprezza ma non cambia idea. «Il gesto del richiedent­e asilo che ha restituito il denaro rinvenuto in Prato della Valle merita un plauso. Ciò non toglie che la gestione dell’emergenza immigrazio­ne sia del tutto inappropri­ata: sono favorevole ad aiutare chi scappa davvero dalle guerre ed è perseguita­to nel proprio Paese. Chi invece cerca fortuna in Italia e non ha titoli per essere assistito, come, secondo i dati della Commission­e, la gran parte dei richiedent­i asilo, deve essere espulso e non mantenuto dai contribuen­ti italiani».

Bitonci Saghir merita un plauso, ma la gestione dell’emerge nza immigrazio­ne resta inadeguata

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Il verbale

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