Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Da Tiziano a Correggio Qui imparò colore e luce»
Il curatore Puppi: per Dominikos il nostro Paese fu tutto
L ionello Puppi, storico dell’arte, professore emerito di Ca’ Foscari, saggista dalla sterminata produzione, studioso da quasi cinquant’anni di El Greco, curatore della mostra El Greco in Italia. Metamorfosi di un genio, ospitata alla Casa dei Cararresi a Treviso, afferma che questa mostra è il tassello mancante al grande ciclo espositivo europeo dedicato a Dominikos Theotokopoulos in occasione del quattrocentenario dalla morte del pittore avvenuta a Toledo nel 1614.
Cosa ha significato l’Italia nella pittura di El Greco?
«Tutto. A partire dal soprannome stesso: a Toledo si faceva chiamare “Greco” all’italiana e non “Griego”alla spagnola, per significare che Dominikos si sentiva profondamente italiano. Nato a Candia, che apparteneva alla Serenissima, da famiglia ortodossa, maestro di icone, arriva a Venezia nel 1567 e diventa italiano, cattolico, pittore seguace della grande scuola colorista veneziana. In Italia, nei dieci anni che sappiamo – anche se con molti vuoti e misteri- si mosse tra Venezia e Roma, la pittura di Theotokopoulos inventa un linguaggio radicalmente diverso da quello usato a Creta nella bottega di maestro di icone».
Quali pittori influenzarono maggiormente il nuovo stile di El Greco?
«Tiziano innanzitutto. Nella sua elitaria bottega al Biri Grando Tiziano non ammetteva chiunque e Dominikos, in grazia di non sappiamo quali buone entrature, riesce a essere accolto; forse non come lavorante ma con frequenza sufficiente per imparare la nuova arte del colore e la maestria nei ritratti, la capacità di entrare in sintonia con il soggetto dipinto. E poi Tintoretto, verso la fine della sua permanenza a Venezia: di lui porta con sé fulminanti accensioni di colore. E certamente Jacopo Bassano, la sua visione della notte, la luce che disegna. Ma non dimentichiamoci che Dominikos verosimilmente fu a Parma e vide Correggio e Parmigianino: sul Correggio ci sono note di pugno di El Greco sulla copia delle Vite del Vasari: quella seconda edizione del 1568 che gli fu portata a Toledo da Federico Zuccari, un volume fondamentale per gli studiosi di El Greco, in quanto corredato di molte note e riflessioni sull’arte italiana, così come i Libri sull’architettura di Vitruvio, tradotti dal Barbaro».
Cosa rese l’arte di El Greco così speciale, così inconfondibile e tormentata?
«Di sicuro la sua origine ortodossa e il linguaggio della icona che, scardinato dalla influenza dell’arte del Rinascimento italiano, tornerà a parlare sotto forma di colore e luce rinnovate nell’ultimo periodo italiano e in tutto il restante della sua attività a Toledo». (I.Pan.)