Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I venetisti intercettati: «Facciamo la rivoluzione»
Entra nel vivo il processo alla «Polisia». Le telefonate: «Andiamo a sparare». Sit-in fuori dall’aula
TREVISO «Siamo in guerra, dobbiamo fare la rivoluzione». E ancora: «Dobbiamo andare ad allenarci a sparare in Pedemontana». Parlavano così nel 2009 dodici tra i venetisti di un’associazione passata in poche settimane dal chiamarsi Autogoverno del Veneto a Movimento di Liberazione Veneta. Parole dette al telefono e intercettate dagli uomini della Digos, che hanno fatto finire alla sbarra - con l’accusa di costituzione di associazione paramilitare - Daniele Quaglia, Sergio Bortotto, il comandante dei vigili urbani di Cornuda Paolo Gallina, la madre Giuliana Merotto, Danilo Zambon e Didel no Zorzi. Imputati in concorso anche Loris Zanatta Giuliano Spigariol, Paolo Tagliabue, Sandro Meneghin, Enrico Pillon e Fabio Piccoli.
Il maxi processo che ha riunito le due inchieste del 2009 e 2012 è entrato nel vivo ieri, quando in aula è stato chiamato l’allora dirigente della Digos Niccolò D’Amico. L’indagine aveva preso le mosse soprattutto dalla Festa dei Veneti del settembre 2009 a Cittadella, quando il sedicente gruppo della Polisia avrebbe fatto il suo debutto entrando in città in divisa e al passo dell’Oca. Ad incastrare i dodici imputati sono state proprio le intercettazioni delle telefonate nelle quali si sarebbe parlato dell’organizzazione del gruppo armato. Ipotesi che avrebbe trovato un’inquietante supporto con il rinvenimento di diverse armi detenute regolarmente ma anche di 442 proiettili illegali non compatibili.
All’udienza si è presentata, con tanto di bandiere e felpe con il Leone di San Marco, una ventina di indipendentisti (in foto), tra cui anche Lucio Chiavegato, leader del movimento veneto dei Forconi, e Maria Marini, la pasionaria indipendentista di Volpago finita nell’inchiesta della procura di Brescia e arrestata con l’accusa di associazione eversiva e terrorismo.