Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Stiz, l’accusa ai funerali «Isolato anche da morto»

L’ex teste chiave: «Una certa città coerente nell’ignorarlo»

- di Alessandro Zuin

TREVISO Treviso ha dato l’addio a Giancarlo Stiz, il magistrato che squarciò il velo sulle trame nere e la strage di Piazza Fontana (in foto a destra i funerali). L’accusa dell’ex teste chiave Guido Lorenzon: «Una certa città si è dimostrata coerente: chi lo ha isolato da vivo lo ha ignorato anche da morto».

di 87 anni, erano quelle comunali: il sindaco Giovanni Manildo, il presidente del consiglio comunale Franco Rosi, l’assessore Anna Caterina Cabino, l’ex primo cittadino Giancarlo Gentilini, che di Stiz era quasi coetaneo e aveva avuto modo di conoscerlo molto da vicino. «Ero il capo dell’ufficio legale di Cassamarca - ricorda l’ex Sceriffo di Treviso - e la sua indagine toccò anche il mio ufficio: gli inquirenti cercavano tracce di movimenti di denaro e vennero a perquisire la banca. Stiz era un magistrato assolutame­nte integerrim­o».

Regione, Provincia, prefettura e questura non erano rappresent­ate in chiesa. Al gran completo, c’era invece il mondo della giustizia: l’ex procurator­e generale del Veneto Francesco Calogero, che da giovane sostituto procurator­e affiancò Stiz nell’inchiesta su Piazza Fontana, i successori di Stiz a capo della procura trevigiana Candiani, Fojadelli e Dalla Costa, molti pm e giudici che avevano lavorato con lui, presidenti di Tribunale attuali e del passato. Al termine della cerimonia, l’ex comandante provincial­e dei carabinier­i, Nicolò Gebbia, ha voluto ricordare il magistrato con parole destinate a lasciare un segno: «Sono arrivato a Treviso quando Stiz stava compiendo i suoi ultimi anni alla guida della Procura e ho vissuto il trapasso da lui ai suoi successori, così come anni prima a Milano avevo vissuto il cambio che portò all’avvento di Francesco Saverio Borrelli. Ebbene, mentre nel caso della Procura milanese l’avvicendam­ento fu indolore, devo dire che a Treviso, dopo Stiz, per noi fu tutto più difficile».

In una lettera indirizzat­a al padre e scritta negli ultimi giorni di sofferenza, la figlia Ada ha tratteggia­to questo ricordo: «Tu non ci hai mai chiesto nulla, com’era nel tuo stile. Eri schivo e timido nei sentimenti ma ci hai educati con il metodo più convincent­e, l’esempio». Perché questa era la tempra di Giancarlo Stiz, un uomo giusto che si occupava di rendere giustizia. «I valori non esistono - sono state le parole del parroco del Duomo di Treviso, monsignor Giorgio Marcuzzo - se non ci sono uomini che li incarnano, con dedizione e tenacia. Uno di questi per noi è stato Giancarlo Stiz, uomo di giustizia che non ha esitato a rischiare la sua vita, coinvolgen­do anche la sua famiglia».

In una delle rarissime interviste concesse, l’ex magistrato aveva confessato: «Devo ammetterlo, sono meraviglia­to che, nel clima di quegli anni, non mi abbiano ammazzato». Il celebrante, alla fine dell’omelia, ha dedicato alla memoria di Stiz una poesia di padre David Maria Turoldo, il servita friulano che fu acutissima coscienza inquieta della Chiesa italiana. Un verso dice: «Questa è la legge per tutti i discepoli». E un altro: «Gloria a te Padre, che vendichi il sangue dei giusti». Come quei 17 che morirono in Piazza Fontana.

Pedoia Ci disse: ho fatto solo il mio dovere, nè più nè meno, fino in fondo

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I familiari del giudice Il figlio Michele Stiz (primo a sinistra) e i familiari del magistrato durante le esequie nel Duomo di Treviso

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