Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Ma io non ho più un soldo»
Il forzista prepara la controffensiva. M5s: «Vergogna incancellabile»
ROVOLON (PADOVA) «Non ho più un soldo, figuriamoci se posso permettermi di pagare quasi sei milioni di euro!».
È scosso, Giancarlo Galan, mentre il suo avvocato Franco Zambelli gli illustra la sentenza con la quale la Corte dei conti del Veneto lo condanna a risarcire 5,8 milioni di euro per i danni patiti dalla Regione a causa delle mazzette intascate dall’ex governatore per favorire la costruzione del Mose, il sistema di dighe mobili progettato per salvare Venezia dall’acqua alta.
La condanna era nell’aria e probabilmente il «doge» si aspettava che i giudici contabili venissero a battere cassa. Ma di certo non credeva che accogliessero in toto le richieste dell’accusa: 5,2 milioni di euro per danni d’immagine e oltre seicentomila per quelli «da disservizio». Tutto denaro da destinare alla Regione Veneto.
Ufficialmente Giancarlo Galan non interviene perché, spiega, «ho deciso da tempo di evitare qualsiasi commento sulle vicende giudiziarie che mi riguardano».
Occorre quindi affidarsi alle indiscrezioni che trapelano dall’entourage che frequenta il suo buen ritiro in campagna. E a quanto pare, anche ieri l’ex governatore restava convinto delle sue ragioni, contestando l’interpretazione della magistratura, anche sotto il profilo tecnico: «Non possono applicarmi la legge Severino, perché quella prevede che si proceda per danno d’immagine soltanto nei confronti dei dipendenti pubblici mentre io ero un politico...». E poi c’è l’accusa di aver «pilotato» i via libera al Mose piazzando nelle varie commissioni dei funzionari compiacenti. «Ma anche questo non è vero. E non lo dico io, ma le sentenze del Consiglio di Stato...».
Rabbia mista ad angoscia. Perché su tutto, resta la questione di fondo: con la villa sequestrata, senza stipendio né vitalizio, Galan dice di non aver più alcun soldo e giura di tirare avanti, in questi mesi, soltanto grazie alla generosità di amici e familiari. «Sei milioni non li ho e non li avrò mai!», tuona.
La sua paura più grande, però, è per i familiari. Il procuratore generale Paolo Evangelista nei giorni scorsi ha spiegato che «la legge prevede la trasmissione del risarcimento agli eredi, in circostanze di illecito arricchimento del responsabile del danno erariale». Tradotto: se Giancarlo Galan non dovesse riuscire a saldare il debito con lo Stato, l’incombenza passerebbe agli eredi. Come, per esempio, la figlia di 10 anni.
L’unica consolazione è che per ora nessuno gli chiederà di pagare: l’avvocato Zambelli ha già annunciato che presenterà ricorso. E quindi, per passare all’incasso, la Regione dovrà prima attendere che i risarcimenti diventino definitivi.
Intanto però c’è chi canta vittoria. I consiglieri regionali del Movimento Cinque Stelle parlano di «grande soddisfazione per la sentenza» e di «giusta condanna nei confronti di una persona che ha infangato il nome della nostra regione facendola balzare alle cronache nazionali per la più grande tangente della storia di questo Paese». Poi l’affondo: «La vergogna non si cancella, ma intanto questi 5,8 milioni di euro li vogliamo fino all’ultimo centesimo. Niente sconti, niente scorciatoie: vogliamo giustizia».