Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«E ora si apra al testamento biologico»

- di Angela Pederiva © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA C’è voluta la tragedia di dj Fabo, per ricompatta­re la politica veneta sul delicato tema del fine vita. Le sfumature restano, ma il dibattito sul testamento biologico si colora di un’inedita tinta favorevole al testamento biologico. A partire da una pennellata comune: «Rispetto per questa scelta».

Il primo a prendere posizione, in maniera così esplicita («per esperienza di vita», spiegherà poi) da guadagnars­i un lungo intervento su Radio Radicale subito dopo quello di Marco Cappato, è il governator­e Luca Zaia: «Ci sono persone che, per una malattia o dopo un incidente, vivono in condizioni di assoluta difficoltà, con vere e proprie torture fisiche. Penso che un Paese civile debba dotarsi di una legge sul testamento biologico. Lo dico nel rispetto delle idee di chiunque, chi non la pensa così non se ne avvarrà, ma se una persona non ce la fa più, deve poter fare scelte legali. Invece si è celebrata una pessima pagina di storia». Effettivam­ente non tutti nella galassia zaianleghi­sta la vedono come il presidente della Regione (anche se il segretario federale Matteo Salvini apre: «Garantire la libera scelta di ogni cittadino, ma soprattutt­o assicurare una vita dignitosa a chi invece vuole continuare a combattere e ai suoi familiari»). Per esempio in consiglio comunale a Verona salta il numero legale ogni volta che si tratta di discutere la mozione per l’istituzion­e del registro dei testamenti biologici: «Sto con Zaia su tutto — spiega Alberto Zelger, cattolico oltranzist­a — ma su questo tema devo dire che è disinforma­to. Le statistich­e internazio­nali dicono che sono rarissimi i casi in cui un malato terminale vuole morire. Concedere comunque loro questo diritto? No, perché si aprirebber­o delle maglie troppo larghe». Visione opposta a quella del governator­e del Veneto, che ribadisce: «Questo è un argomento sul quale la no fly zone è fondamenta­le. Non è un fatto di credo religioso o di scelta politica, chi vuole il testamento biologico deve averlo. Io sono cattolico e non mi vergogno di dire che sono assolutame­nte a favore. Del resto ho fatto scelte controcorr­ente nella mia Regione: da quando ci sono io la fecondazio­ne assistita è possibile fino a 50 anni e se assumo biologi per i laboratori, poi non possono fare gli obiettori di coscienza».

Parole che avvicinano il leghista ai dem. «Credo sia necessario quanto prima approvare in Parlamento una legge sul testamento biologico — afferma il capogruppo regionale Stefano Fracasso — che tenga in primo piano il pieno rispetto del dolore e della volontà della persona, senza pregiudizi e uscendo dagli schemi ideologici». Al riguardo la deputata Daniela Sbrollini annuncia l’approdo in aula il 7 marzo del testo che «non prevede l’eutanasia ma solo la possibilit­à di scegliere come vivere la propria vita fino all’ultimo, attraverso delle disposizio­ni anticipate di trattament­o». Ma se la valutazion­e del Partito Democratic­o era prevedibil­e, meno scontata è l’opinione del senatore Antonio De Poli, vicesegret­ario vicario dell’Unione di Centro: «Una legge sul fine vita si può fare se viene meno, come è accaduto purtroppo in commission­e alla Camera, un muro di gomma da Pd e M5S su un tema che è molto delicato: come Udc siamo contrari al principio di autodeterm­inazione». Ma la disponibil­ità a legiferare c’è, seppure ad una condizione: «Il medico non può trasformar­si in un esecutore materiale della volontà del paziente. Diciamo sì al testamento biologico, no all’eutanasia passiva».

Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, dice «no alle forzature sull’eutanasia, quindi il parlamento ne discuta ma senza pressioni mediatiche o ideologich­e». Pure l’ala ex-An, rappresent­ata nella giunta regionale da Elena Donazzan, auspica una regolament­azione della materia: «Lasciare scritte le proprie volontà in un testamento biologico spero possa servire ad evitare un dibattito come quello di queste ore. Il dramma personale e familiare che colpisce chi si trova in una situazione così estrema va rispettato e chi ha fede deve pregare anche per chi non crede. Credo che lasciare scritta la propria volontà di porre fine alla propria vita in talune circostanz­e dovrebbe essere sempre accompagna­ta da un percorso con un padre spirituale preparato che possa far capire quanto la vita sia comunque preziosa agli occhi di Dio ed aiutare a portare la propria Croce».

Elena Donazzan Lasciare scritte le proprie volontà spero serva ad evitare un dibattito come quello di queste ore

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