Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Droga, la cicatrice di Giorgia
Andò in coma per l’ecstasy, a Treviso per parlare ai giovani
TREVISO Il racconto di come si sia ritrovata, da un giorno all’altro, sul letto del reparto di chirurgia in attesa di un trapianto di fegato, a 17 anni, per colpa di mezza pasticca di extasy ha turbato gli studenti delle scuole trevigiane. Ma ancor di più è stata l’immagine dell’enorme cicatrice che Giorgia Benusiglio porta tutti i giorni sul corpo ad aver lasciato il segno. È lì che gli adolescenti si sono resi conto delle conseguenze profonde e dolorose, eterne e traumatiche, dell’abuso di droghe. «Non dico mai “non fatevi” perché il proibizionismo non serve, ma chiedo di ricordare me, la mia storia e quali sono le conseguenze. Che mezza pastiglia, anche una volta sola, può uccidere».
La trentatreenne milanese gira l’Italia per parlare del momento e dell’errore che le hanno cambiato la vita, e del modo in cui è rinata. Da alcuni giorni è in tour nella Marca, sei date promosse da Fondazione Zanetti, durante le quali incontra gli studenti degli istituti superiori: lei, testimone diretta di cosa una pasticca possa causare. Ieri mattina, al Ca’ Foncello, era il turno delle classi del Mazzotti e delle Canossiane, oggi toccherà ad Alberini, Fermi, Einaudi e Besta; sabato Giorgia Benusiglio sarà al Mazzotti e il 15 marzo a Conegliano; ieri sera ha parlato anche ai genitori dei ragazzi nella sede della Fondazione. La prima parte degli incontri è la proiezione del docufilm “Giorgia Vive” in cui i medici, gli amici e la famiglia la aiutano a ripercorrere la storia. Poi si apre il dibattito.
Nel 1999, dopo aver assunto mezza pasticca di extasy, il fegato della ragazza non ha retto: epatite tossica fulminante. Era una condanna a morte. Sono servite 17 ore di intervento chirurgico e la morte di una giovane donatrice perché potesse, lentamente, riprendere a vivere. Ora deve prendere farmaci tutti i giorni, ogni mese fare esami clinici, quel fegato che le hanno donato dev’essere monitorato continuamente. E tutto per un’assunzione occasionale, la sua prima volta. «Da 11 anni parlo con i ragazzi e le scuole portando la mia esperienza – ha detto Giorgia - e non è facile ripercorrere ogni giorno quello che mi è successo, ma se lo faccio è perché sono loro che mi aiutano a continuare. Quando riesco a trasmettere alcuni valori e l’importanza della vita ho realizzato il mio obiettivo».
Duecento ragazzi la ascoltavano: «Cercano elementi in cui riconoscersi per capire cosa fa la droga - dice Giorgia -. Per loro fortuna non capiscono cosa voglia dire quando racconto che ho ricevuto per due volte l’estrema unzione, ma quando vedono la cicatrice che porto, per loro è uno choc. Ognuno di noi ne ha una, tutti sappiamo quale dolore rappresenta».