Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ex popolari, un mese per chiudere con l’Ue
Verifiche su sofferenze e personale. Piano welfare, critiche dalle associazioni
VENEZIA Crediti in sofferenza e personale. E un mese per chiudere. Ridotti all’osso, sarebbero i termini intorno a cui ruota la trattativa con l’Unione europea sul piano di ricapitalizzazione e fusione con i fondi statali di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Che avrebbe subito una nuova battuta d’arresto, stando alle indiscrezioni di stampa, con la necessità di raggiornare i dati su cui sviluppare le proiezioni per il futuro, attendendo quelli delle trimestrali delle due banche. Da cui arriveranno probabilmente altri crediti in sofferenza, frutto di valutazioni ulteriormente più stringenti, come già anticipato dalle due banche, con altre perdite e la necessità di avere il capitale per coprirle. Intanto ieri Bpvi, dopo le quote di Brescia-Padova e Fiera di Verona, ha annunciato di aver chiuso la vendita dello 0,6% dell’azienda bolognese Ima, per un corrispettivo di 21,3 milioni di euro.
Non una bocciatura, si dice intorno alla posizione Ue, ma la richiesta di ulteriori correzioni. Da cui si trae comunque un pronostico positivo: se la strada si fa sempre più in salita, per lo meno si va avanti verso una chiusura positiva; se l’Europa avesse voluto staccare la spina, in un contesto difficile, l’avrebbe già potuto fare. In più la fusione tra le due venete, che all’inizio non aveva convinto Bruxelles, non sarebbe più in discussione. Certo, i dettagli impongono altro lavoro - come il vertice di ieri tra le banche e la proprietà del fondo Atlante - e un piano che si fa sempre più gravoso. Senza contare i tempi che si allungano pericolosamente. Se ancora la scorsa settimana, nelle assemblee dei soci, si sperava in una chiusura a metà maggio, ora l’attesa che filtra dal livello politico che sta affiancando le banche, con in prima linea il premier Paolo Gentiloni e il ministro Pier Carlo Padoan, è che serva un mese.
Per superare le nuove verifiche incentrate su due elementi: crediti in sofferenza e credibilità del piano di riorganizzazione. Il punto è, secondo l’Ue, che, la fusione equivale a mettere insieme un totale di 9 miliardi di sofferenze delle due banche e Bruxelles chiede garanzie sul piano di vendita, visto come ancora più impegnativo, che tra l’altro non deve avere bisogno dei fondi statali. In più Bruxelles sta riverificando il piano di fusione sul fronte del personale e della riorganizzazione. Il punto davvero critico riguarda l’esecuzione di un piano che ha bisogno di 5-6 miliardi di fondi statali e che deve dare la certezza di costruire una banca nuova capace non solo di stare in piedi, ma anche di produrre reddito, insieme ad una vendita dell’istituto, per restituirli.
Intanto il piano di Veneto Banca per i vecchi soci in difficoltà, presentato l’altro ieri, genera reazioni tra le associazioni di consumatori e risparmiatori. Il segretario di Adiconsum Veneto, Valter Rigobon, si dice scettico rispetto alla volontà, espressa dal presidente di Veneto Banca, Massimo Lanza, di coinvolgere le sigle dei consumatori nella commissione che sarà incaricata di individuare i casi meritevoli di una riparazione speciale: «Il messaggio è un’altra polpetta avvelenata sparsa sul territorio. Finora da Montebelluna nessuno ci ha mai chiamati». Anche Giovanna Capuzzo, leader di Federconsumatori-Cgil, vede nel progetto una capacità di recuperare fiducia fra la popolazione «pari a zero»: «La soglia minima Isee di 13 mila euro è una presa in giro, visto che i candidati saranno pochissimi. Si potrebbe cominciare a ragionare da un valore almeno doppio e non ci piace l’idea di scomputare dai risarcimenti, che non saranno mai al 100% del valore perduto, la quota eventualmente già ottenuta nella prima offerta di risarcimento». Patrizio Miatello, dell’associazione Ezzelino invece, è soddisfatto perché lo schema proposto «aderisce ai modelli avanzati dall’associazione. Temo comunque che la previsione di assestare l’operazione welfare sui quattromila richiedenti sia sottostimata».