Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

L’hotel dei profughi di proprietà del grillino Il gelo di Di Maio: «Chiarisca subito»

Il vicepresid­ente contestato a Padova dai no global. E lui: «L’accoglienz­a non sia un business»

- Gloria Bertasi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

PADOVA È arrivato con oltre un’ora di ritardo, alle 17.38, ma non per la fitta agenda di appuntamen­ti elettorali che, ieri, hanno traghettat­o il vicepresid­ente pentastell­ato della Camera Luigi Di Maio attraverso il Veneto, da Verona a Serego nel Vicentino fino a Padova e, in serata, a Mira. Ieri, Di Maio è stato tenuto lontano da piazza delle Erbe a Padova, dalle forze dell’ordine, per ragioni di sicurezza. Il motivo? La contestazi­one dei no global contro il suo attacco alle Ong e all’accoglienz­a dei profughi.

Quand’erano le 16.40 e il suo ingresso al comizio di sostegno al candidato a sindaco della città del Santo Simone Borile era dato per imminente, è infatti partito il blitz. Una ventina di attivisti del centro sociale Pedro ha fatto il suo ingresso in piazza delle Erbe, sorprenden­do i grillini, finora mai contestati pubblicame­nte, con cartelli, slogan, fumogeni e calando due striscioni («Corridoi umanitari subito») da un palazzo in fase di restauro. Di lì a poco, le forze dell’ordine sono intervenut­e e li hanno spinti in via dei Fabbri, allontanan­doli. Ma ormai il comizio era slittato.

«Di Maio è una m .... , sì lo so», hanno canticchia­to i no global contro l’onorevole 5 Stelle, colpevole di accusare le Ong di connivenza con i trafficant­i di essere umani. Un punto di vista ribadito anche ieri, nonostante la contestazi­one («Non vedo nessuna protesta e, comunque, se vogliono possono intervenir­e: il nostro palco è a disposizio­ne», ha ironizzato Di Maio) e nel pieno della bufera piombata sul M5S e sul suo consiglier­e comunale di Marostica, Gedorem Andreatta, la cui società, la San Francesco costruzion­i srl di Thiene, possiede l’hotel Adele in via Medici a Vicenza dove sono ospitati 150 profughi. Un vero e proprio hub, il più importante della provincia.

«Non conosco questa persona - ha detto, caustico, Di Maio - ma dia i massimi chiariment­i al suo gruppo locale e faccia capire di che cosa si tratta». Nello merito della vicenda, il vicepresid­ente della Camera non ha voluto dire di più: «Non faccio valutazion­i - ha aggiunto -, non ho letto il business plan o altro, è però tutto legale, mi dicono».

Ieri, i 5 stelle veneti hanno serrato le fila. Nessuna parola, nessun commento, nemmeno di solidariet­à al «collega» finito nell’occhio del ciclone.

L’imbarazzo però era palpabile: proprio quando il Movimento ha lanciato le sue sferzate contro l’attuale modello di accoglienz­a, emerge (e pare nessuno lo sapesse) che uno dei suoi ne è attore, e da tempo. Il capogruppo in Regione Jacopo Berti ha liquidato il caso con un «so che ha già risposto l’interessat­o». Che è già qualcosa rispetto al silenzio tombale degli altri e di Andreatta, irreperibi­le da 24 ore, da quando cioè Il Giornale ha scoperchia­to il vaso di Pandora sul suo hotel. «La vicenda è strumental­izzata - si è limitato a scrivere in un comunicato -, non gestisco io l’attività ed è pre-esistente alla mia attività politica». «Si tratta di un sistema, purtroppo, legale, ci sono gare d’appalto, contratti con la Prefettura - ha detto Di Maio -, il problema è la legge dello Stato». Che non funziona e va cambiata. «Se dovessimo andare al governo, cambieremo le norme e varranno per tutti. Per tutti. (che è un chiaro messaggio a Andreatta, ndr). Finirà il sistema d’affari sull’accoglienz­a: l’obiettivo è avere una gestione solo pubblica, mai privata, ma prima vanno fatti, soprattutt­o, rimpatri e lo Stato deve accogliere solo chi ne ha diritto».

Di Maio, ieri, non si è rimangiato le accuse alle organizzaz­ioni umanitarie «immanicate» con i trafficant­i, come avrebbero voluto i no global. Tutt’altro, ha rincarato la dose. «Qualcuno dovrà chiedermi scusa: tre Procure stanno indagando. Non attacchiam­o tutte le Ong ma quanti dei 180 mila ingressi dell’anno scorso sono stati salvataggi o traghettam­enti?». L’europarlam­entare trevigiano David Borelli non conosce, infine, l’hotel Adele. «Non so nulla, non conosco i termini della vicenda - ha detto - ma di una cosa ho certezza: ci fossero verifiche della magistratu­ra ed emergesser­o infrazioni, il consiglier­e sarebbe allontanat­o».

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