Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ticket per Venezia, il boicottaggio sa di spocchia british
La spocchia (come l’humour) british sono un marchio. Non è solo la Brexit di oggi o le invettive della Thatcher ieri. Storicamente, ne sanno qualcosa gli acerrimi nemici le ex colonie della Corona nel mondo. Da oggi lo sperimentano anche i veneziani, minacciati di vedere ‘boicottata’ la loro città. «Ecco perché boicotterò Venezia se introdurrà un ticket d’ingresso». Così titolava l’altro giorno il quotidiano britannico Independent. Che rincarava la dose con un articolo di Jackie Bryant, giornalista di viaggi e turismo: «A cosa servono i monumenti pubblici se non possono avervi libero accesso tutti?».
La verità è che la storia delle trenta linee guida del sindaco Brugnaro per contenere i turisti, ha girato del mondo. No secco da tutte le categorie interessate. Anche il ministro dei Beni culturali Franceschini si è detto contrario «all’accesso nell’area marciana con prenotazione e pagamento di un ticket di ingresso». Gli inglesi dimenticano che Londra e il resto della Gran Bretagna hanno costi proibitivi per il turista straniero (veneziano incluso). Dalle tasse ai contributi alle mance è tutto obbligatorio. E molto salato.
Al di là delle ‘provocazioni’ al curaro di miss Bryant - «Venezia, volevi sbarazzarti dei turisti?” Missione compiuta» - due sono i temi ineludibili e francamente, di buon senso. Il primo è business: l’anno scorso (fonte Bankitalia e Ciset-Ca’ Foscari) i visitatori stranieri hanno speso in Veneto 5,6 miliardi. Ergo: grande rispetto e professionalità verso il visitatore ‘foresto’. Secondo concetto: la bellezza ha un costo e si paga, a ogni latitudine. Che sia una bellezza piccola o grande, che sia di natura artistica, monumentale, culturale o etnografica, è giusto fare almeno un’offerta. Basta un obolo. Da turista, costa poco e si può ottenere molto.