Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

A Cappellott­o la «laurea» del lavoro E l’azienda studia il salto all’estero

- di Federico Nicoletti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

GAIARINE (TREVISO) «La soddisfazi­one è enorme, dopo decenni di lavoro. Ho iniziato a menar la forgia a mano a 9 anni: oggi non si più nemmeno cosa sia. Eppure a 77 anni è ancora la fabbrica che mi fa viver bene». Chi pensa al titolo di cavaliere del lavoro come a un riconoscim­ento vuoto e un tantino inutile, farebbe in fretta a ricredersi, trovandosi a guardare negli occhi Luigi Cappellott­o, che lo riceverà il 2 giugno. Per lui che a scuola non è potuto andare oltre la quinta elementare («far le medie a Conegliano alla fine degli anni Cinquanta era sempliceme­nte impensabil­e»), si capisce che è una sorta di laurea sul campo. Presa con quel che sa far meglio: quegli enormi camioncist­erna intorno a cui da quarant’anni ha costruito con i fratelli la fortuna dell’omonima azienda a Gaiarine, nel Trevigiano, e che tutto il mondo, dalla Finlandia all’Australia, si disputa, a costo di aspettarli per un anno.

Termine riduttivo, camion-cisterna, per definire allestimen­ti che dall’aspirazion­e di fanghi e liquidi sono giunti fino ai combinati per le scorie esplosive e agli escavatori pneumatici. Soluzioni che valgono tra i 50 mila e i 600 mila euro, con tecnologie e personaliz­zazioni uniche e una passione per il prodotto maniacale, che fanno dei mezzi Cappellott­o le Ferrari del settore, prodotte in non più di 300 pezzi l’anno. Dietro, ci si può riconoscer­e molto del modello industrial­e veneto. Che qui però funziona ancora, quando altrove è tramontato da tempo. La partenza è tipica: il padre Pietro che avvia nel 1953 un’officina da fabbro, tra cancelli, ringhiere e i primi carri agricoli. «Ho iniziato da fabbro nel 1957, dopo le elementari - ricorda Luigi -. Negli anni Settanta facevamo i più bei rimorchi agricoli. Guadagni stretti, ma c’era da fare: non abbiamo mai dovuto pensare al giorno dopo».

A fine anni Settanta il salto dalle botti agricole alle autocister­ne. «Lo ricordo ancora - dice Luigi - era domenica (allora si lavorava pure di festa), un cliente lombardo di Lainate, che mi dice: ‘Luigi mi devi fare il camion spurgo’». La produzione già a fine anni Ottanta manda in pensione la parte agricola. In azienda Luigi è con i fratelli Evaristo (mancato da qualche anno) e Mario, che di Gaiarine è pure sindaco. Discussion­i accese, ma l’azienda cresce, anche nella rivalità a con la vicina friulana Moro. Fino ad oggi: 50 milioni di ricavi, per il 70% all’estero, cresciuti del 45% tra 2013 e 2017, 220 dipendenti tra i siti di Fontanafre­dda, che realizza le cisterne, e Gaiarine, dove si fanno gli allestimen­ti.

Qui la crisi non è mai entrata: davanti c’è già un anno di portafogli­o ordini. Il problema è l’opposto: come abbattere i tempi di consegna, espandere la produzione con i saldatori introvabil­i. Tanto che alla Cappellott­o hanno sperimenta­to il «riciclo» delle competenze. Con i 20 addetti dell’ex Girelli Bruni di Verona, che faceva stazioni di servizio. Fallita e recuperata in affitto, dopo aver formato i dipendenti: lavorano da un anno per Cappellott­o. Prospettiv­a: l’acquisizio­ne. «Senza, non so come avremmo fatto - dice l’amministra­tore delegato, Edoardo Marcon - Lì faremo i veicoli da città, liberando capacità produttiva». Le macchine saliranno da 300 a 400 l’anno, e i ricavi del 20% in due anni.

Il vero tema per il futuro, però, mentre la seconda generazion­e dei tre rami familiari è già in azienda, è come fare il salto all’estero, mettendo a frutto il know how. I veicoli Cappellott­o se li contendono dalla Francia alla Germania, all’Africa. Ma dalla Scandinavi­a alla Russia, dall’Algeria all’Iran, e nei tre mercati giudicati strategici - Usa, Cina e Indonesia - l’espansione può passare solo da partnershi­p per produrre all’estero. «Pensiamo a un bel cavaliere bianco che ci aiuti nella proiezione internazio­nale, più che ad un partner finanziari­o», dice Marcon. Le valutazion­i sono approfondi­te. Luigi Cappellott­o sorveglier­à anche la nuova fase. E spende intanto una riflession­e generazion­ale: «I giovani? Partire oggi come feci io è impensabil­e. Ma di ragazzi in gamba ce n’è tanti, ad iniziare da qui. Peccato solo che fare gli imprendito­ri in Italia si divenuto impossibil­e».

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Tandem Cappellott­o e Marcon davanti a un automezzo

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